Shutter Island

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Nell’autunno del 1954 gli agenti federali Teddy Daniels (Leonardo DiCaprio) e Chuck Aule (Mark Ruffalo) vengono inviati a Shutter Island, al largo di Boston, in un ospedale psichiatrico per criminali. I due sono incaricati di trovare Rachel Solando, una pericolosa detenuta condannata per omicidio e misteriosamente scomparsa. La donna, colpevole di aver ucciso i suoi tre figli, era da anni sotto le cure del direttore dell’ospedale, il dottor Cawley (Ben Kingsley), un uomo che utilizza i suoi pazienti come cavie per degli esperimenti psichiatrici. Ben presto, Teddy si accorgerà che a Shutter Island, nulla è come sembra.



Tratto dal romanzo omonimo (edito in Italia dal 2003 col titolo L’isola della paura), Shutter Island è la terza riduzione cinematografica di un romanzo dello scrittore Dennis Lehane, già autore di Gone Baby Gone (diretto da Ben Affleck) e de La morte non dimentica (Mystic River) di Clint Eastwood. Una storia complessa e avvincente, con vari livelli di lettura, e che fortunatamente è divenuta film tra le mani di Martin Scorsese. Escluso dalla corsa agli Oscar dai problemi finanziari che hanno spinto la Paramount a posticiparne l’uscita da ottobre 2009 a 2010 inoltrato, siamo certi che Shutter Island avrebbe dato del filo da torcere agli altri concorrenti, dato il convincente risultato finale. Scorsese mira sin dall’inizio a far vacillare lo spettatore, alternando colpi di scena a continui cambi di prospettiva che depistano e destabilizzano. Riduce in mille pezzi il fiore della realtà, strappando via petalo a petalo ogni certezza, realtà e convinzione. Ed è evidente che nel farlo, si diverte come un matto. Il modo in cui crea i meccanismi di tensione e li rende tangibili grazie ai tagli dell’inquadratura (il personaggio di DiCaprio è quasi sempre ripreso trasversalmente o dal basso verso l’alto, proprio per drammatizzare le sue insicurezze e i suoi ricordi, snodo centrale della vicenda narrata), hanno quel tocco in più. Trappole, continui flashback, personaggi bizzarri e ai limiti della realtà caratterizzano questo film che abbraccia vari generi, dal noir al thriller, passando per l’horror e la detective story.

Ogni singola immagine di Shutter Island è un quadro denso, scuro e angosciante. I soffitti dell’ospedale sembrano sempre in procinto di abbassarsi per schiacciare tutto e tutti, il mare in tempesta che circonda l’isola è l’esatta metafora della mente umana completamente persa in un vortice di paura (non va dimenticato che siamo in piena Guerra Fredda). Scorsese non ha mai negato di ispirarsi ai classici, e qui di spunti riconoscibili ce ne sono tanti: da La donna che visse due volte di hitchcockiana memoria, a Le catene della colpa di Jacques Tourneur o Vertigine di Otto Preminger. Shutter Island rimane comunque un omaggio al noir nella sua forma più classica, con attori notevoli (DiCaprio è sempre più bravo) e un’ambientazione da brivido. Surreale e vero al tempo stesso, un posto come Shutter Island ognuno di noi ce l’ha dentro, esattamente come la paura che prima o poi venga fuori.

Voto 8

Qui trovate le videointerviste a Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio

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Comments

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

2 Comments

  1. giulia 15 marzo 2010 at 17:36

    mi hai convinto!ero un pò indecisa…perchè avevo sentito che “faceva paura”…però adesso penso che ne valga la pena..

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