Thor

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Diciamolo subito: Thor, uno dei fumetti di casa Marvel più rischiosi da tradurre in pellicola a causa della difficoltà nel far coesistere il mondo degli dei nordici con quello terreno, ha superato la prova. Tra le mani di Kenneth Branagh il film prende la giusta piega per venire apprezzato sia da un pubblico adolescente che da spettatori più maturi e riflessivi. La storia è quella del del potente Dio del Tuono (Chris Hemsworth), guerriero tanto forte quanto arrogante, che con le sue azioni irresponsabili causa un incidente diplomatico con gli acerrimi amici del suo popolo, i temibili Giganti di Ghiaccio. Proprio per questo motivo Thor, a un passo dal sedersi sul trono per succedere a suo padre Odino (Anthony Hopkins), viene mandato per punizione sulla Terra insieme con il suo inseparabile martello Mjöllnir, per la gioia del fratello Loki, che diventa così l’unico erede. Sul nostro pianeta, il gigante biondo imparerà cosa voglia dire essere un vero eroe, grazie all’aiuto di una deliziosa scienziata che ha il volto e il fisico minuto di Natalie Portman.



La decisione di affidare la trasposizione cinematografica del fumetto di Stan Lee e Jack Kirby a un autore di formazione teatrale e di elevato spessore drammaturgico come Branagh, da sempre legato ai temi shakespeariani, ha sorpreso non poco. E invece il regista irlandese ha fatto un altro centro. Quello che funziona meglio all’interno della storia sono proprio le relazioni e i conflitti familiari tra Odino e i suoi due figli Thor e Loki (quest’ultimo interpretato da un sorprendente Tom Hiddleston, attore proveniente dal teatro che Branagh ha fortemente voluto per dar vita al ruolo più ambiguo e poliedrico del film). Dopo tanto Shakespeare per Branagh vendette, sospetti, pugnalate alle spalle e amori impossibili sono diventati il pane quotidiano, e si vede.

La ricostruzione in digitale di Asgard, città maestosa e imponente appollaiata su un asteroide, rende omaggio alle visionarie tavole di Jack Kirby. Il pavimento a scacchi bianco e nero di cui Branagh si era servito come elemento ipnotico nel suo Hamlet di quattro ore, adesso è diventato una scenografia ricca e poco popolata. Decisamente meno abitata rispetto a quella ideata da re Kirby, nella Asgard del film si respira da subito un’aria di crisi e di cambiamento. Anche i personaggi sono ridotti all’osso (non c’è neanche l’amico-fratello di Thor, Balder), anche perché non sarà stato facile condensare in un solo film di due ore tutti gli elementi hanno caratterizzato le avventure del Dio del Tuono (in Italia duecentoquarantatré numeri del fumetto sono stati pubblicati da Editoriale Corno, a cui si sono aggiunti i sessanta pubblicati da Play Press, oltre ai numeri sul bimestrale Ultimates di Panini Comics tuttora in uscita).

E se Branagh è riuscito a rendere credibile e, perché no, anche simpatico, il palestratissimo Chris Hemsworth, con il mondo narrativo che gli si muove intorno ha fatto ancora di più, riuscendolo a catturarne l’essenza e l’imponenza. La trama è un po’ povera di contenuti (soprattutto quando viene delineata la storia d’amore tra Thor e la scienziata Jane Foster), e il 3D è assolutamente superfluo ai fini narrativi, come spesso accade nel caso delle conversioni, finendo per scurire troppo alcune scene, in primis quelle girate a Jotunheim, regno dei Giganti di Ghiaccio. Un consiglio spassionato: rimanete seduti anche dopo i titoli di coda…

Voto 7

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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