20 anni di meno

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Alice (Virginie Efira) ha 38 anni, è una madre single e lavora come redattrice per una rivista di moda. Per lei il lavoro è tutto e la vita privata è qualcosa di molto meno che trascurabile.
Balthazar (Pierre Niney), giovane studente di architettura, ha 20 anni e tutto l’entusiasmo che la sua età si porta dietro.
Basterebbero già queste due sintetiche descrizioni dei personaggi principali e la semplice ipotesi di un loro incontro/scontro per scatenare l’immaginazione di un qualsiasi scrittore di commedie romantiche.
Ma David Moreau, che in realtà viene dall’horror (il notevole Them, codiretto con Xavier Palud), prende Alice e Balthazar e fa qualcosa di più: costruisce attorno a loro un piccolo e delizioso bignami su come scrivere la sceneggiatura di una commedia romantica.
Nel farlo, in verità, l’autore sembra attingere maggiormente a modelli di origine angloamericana che non alle raffinate, per quanto a volte eccessivamente rarefatte, suggestioni francesi.



Quindi abbiamo lo smarrimento di un oggetto come escamotage che favorisce un secondo incontro (forse il più classico degli incipit del genere dai tempi di Susanna di Howard Hawks), il gioco degli equivoci a fare da motore della maggior parte delle trovate comiche, il momento di snodo in cui tutto sembra andare per il peggio e, giusto per non farsi mancar nulla, anche un lieto fine che più lieto non si può.
Il materiale che, sulla carta, potrebbe apparire come uno schema ai limiti dell’abusato in realtà viene gestito da Moreau in modo davvero abile.
Il giovane cineasta francese infatti non finge mai di volerci dare più di quanto ci è stato promesso – in sostanza una classica commedia romantica – solo, la condisce con alcuni ingredienti che contribuiscono ad elevarla rispetto alla media.
Innanzitutto un cast indovinatissimo, in cui giganteggia il giovanissimo Pierre Niney, irresistibile mix di espressività nervosa e goffa fisicità (per farvi un’idea provate a immaginare un ibrido ideale tra Louis Garrel e Ben Stiller) o, come viene definito in una scena del film, un “Dujardin rimpicciolito”, ma dove destano grande interesse anche i comprimari (Charles Berling nel ruolo del padre di Balthazar è davvero spassoso).

E poi c’è un’idea di regia solida e molto attenta ai particolari, una cura del dettaglio e della bella inquadratura (a tratti viene addirittura in mente il Paul Thomas Anderson dell’immenso Ubriaco d’amore) che non risulta mai leziosa ma che anzi va ad impreziosire tecnicamente un genere in cui troppo spesso si predilige la scrittura ai danni della confezione.
Pieno di citazioni, sia estetiche che testuali, 20 anni di meno è in definitiva un film molto ben fatto, dotato di un gusto autoriale che si sposa alla perfezione alle esigenze squisitamente commerciali che in genere contraddistinguono prodotti di questo tipo.
E chissà che a David Moreau, oltre ai succitati capisaldi del genere, non sia capitato di dare un’occhiata anche a quello che a tutt’oggi appare come l’unico tentativo riuscito di commedia romantica italian degli ultimi vent’anni, L’uomo perfetto di Marco Ponti.
E non lo dico in preda a una crisi di campanilismo cinefilo.
E’ che a tratti lo ricorda proprio.

Voto
7

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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