Fuga in tacchi a spillo

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Nel vederla in Wild, ultima pellicola di Jean-Marc Vallée, per cui è stata giustamente candidata all’Oscar, Reese Witherspoon ci aveva fatto venire i sensi di colpa per tutto quello che avevamo detto (e pensato) di lei quando, nel 2006, era salita sul palco dell’Academy a ritirare l’Oscar per Walk the Line. Una statuetta assolutamente immeritata (in lizza quell’anno c’erano la Judi Dench di Lady Henderson presenta e la Felicity Huffman di Transamerica), che sarebbe stata molto meglio tra le febbrili mani del suo compagno di set Joaquin Phoenix. Una rivincita per la Legally Blonde Reese, che ultimamente è diventata anche una produtrice di successo (Gone Girl, Wild e una serie di altri progetti piuttosto ambiziosi in fieri).



Tutto questo, però, accadeva prima di Fuga in tacchi a spillo, senza se e senza ma una delle commedie peggiori dell’anno. Il rocambolesco e strampalato road trip della poliziotta ligia e imbranata (Witherspoon) e della procace moglie-trofeo di un narcotrafficante pentito (Sofia Vergara) per le polverose strade texane, inseguite da sicari senza scrupoli e poliziotti corrotti, non convince neanche per un minuto, anzi in alcuni momenti riesce persino ad essere fastidioso, tanto è mediocre.

Gag trite e ritrite, reiterate più volte quasi a voler essere assolutamente certi che il malcapitato spettatore abbia capito fino in fondo l’assoluta inutilità del senso di quello che ha appena visto, uno script di una semplicità tale che rasenta la banalità e le due protagoniste che sembrano divertirsi a interpretare le macchiette di loro stesse. Dopo 27 volte in bianco e Ricatto d’amore Anne Fletcher realizza un’altra commedia mediocre e davvero ci si chiede come mai non sia rimasta a fare la coreografa, cosa che le riusciva piuttosto bene (Boogie Nights, Hairspray, Step-Up) invece di giocare a fare la regista.

Voto 2

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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