Michael Keaton a Roma per Il caso Spotlight

Di Carolina Tocci
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Quando a presentare film di un certo spessore arrivano personaggi anche loro di un certo spessore è davvero un grande piacere starli ad ascoltare. Michael Keaton è uno di loro. Stamattina l’attore che l’anno scorso avrebbe meritato l’Oscar per Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) era a Roma a presentare Il caso Spotlight, la pellicola con sei nomination agli Oscar diretta da Thomas McCarthy, che arriverà nelle sale dal 18 febbraio, di cui è protagonista. Con lui c’era anche il giornalista del Boston Globe Walter Robinson (personaggio che Keaton interpreta nel film), capo del team che realizzò e rese pubblica l’inchiesta sui preti pedofili che sconvolse la comunità di Boston nel 2002 e che vinse per questo il Premio Pulitzer insieme ai suoi collaboratori.

Spotlight è il nome dello staff investigativo del Boston Globe che, incappando nelle vicende di un singolo sacerdote pedofilo accusato per molestie da centinaia di vittime, riuscì a svelare il più grande scandalo di pedofilia nella Chiesa cattolica mai raccontato, costringendo alle dimissioni l’arcivescovo di Boston, Bernard Law (in seguito mandato nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, dove è rimasto fino al 2013).



Photocall of 'Spotlight' in Rome

Sono abbastanza convinto del fatto che un film come Spotlight avrà un impatto forte anche qui in Italia – afferma Michael Keaton. E’ difficile rimanere indifferenti davanti a storie del genere. Una sera, dopo un’anteprima, un ragazzo mi è venuto a ringraziare. Era stato anche lui vittima degli abusi di un sacerdote e prima non era mai riuscito a parlarne. Tuttavia, nonostante il film punti il dito contro la Chiesa in quanto istituzione, non vuole essere un film antireligioso, ma un’opera che aiuti a far uscire allo scoperto storie di abusi perpetrati a danno di persone indifese da parte di altre che avrebbero dovuto proteggerle. Ho avuto una formazione cattolica e rispetto ogni credo religioso. Questa situazione non riguarda solo l’arcidiocesi di Boston ma tutto il mondo. Il film critica quegli individui che abusano del loro potere. L’impatto di un’opera come questa va al di là del tema religioso. Io poi sono un semplice attore, sono i giornalisti come Walter i veri eroi. La storia e la cronaca ci hanno insegnato che quando ci sono dei giornalisti disposti a tutto per indagare, che svolgono il loro mestiere con passione e meticolosità, molte faccende scomode vengono a galla“.

Michael Keaton ci racconta che cosa ha significato per lui far parte del cast di un film coraggioso come Il caso Spotlight.

Sull’impatto che un film come questo avrà qui in Italia nell’anno del Giubileo, Walter Robinson ha affermato di nutrire “grandi speranze per Papa Francesco e per quello che sta cercando di fare. Poco dopo essere stato eletto, tra le prime cose che ha fatto, ha privato i cardinali delle loro limousine, spingendoli a prestare maggiore attenzione alle necessità dei fedeli. Ma nonostante stia facendo molto per riportare l’istituzione Chiesa sulla retta via, credo che la strada da percorrere sia ancora molto lunga“.

Il giornalista si è detto “Onorato di essere stato interpretato da Michael Keaton. Trovo che sia uno dei più grandi attori al mondo. Quando ho scoperto che sarebbe stato proprio lui a vestire i miei panni sono stato felicissimo. Lo avevo amato in Cronisti d’assalto di di Ron Howard. Michael Keaton è un attore straordinario e professionale e ha lavorato in modo egregio sulla mia persona, studiando i miei modi e la mia gestualità, per portarmi sullo schermo nel modo più credibile. Ma film come questi sono importanti anche da un punto di vista storico e sociale. Da qualche anno – ha proseguito Robinson – negli Stati Uniti il giornalismo investigativo è attaccato ad un respiratore, stanno tagliando tutti i fondi. Non so se qui stia accadendo la stessa cosa. Alla base di questo scempio c’è la follia dei direttori delle testate, che sembrano non comprendere che il motivo per cui la gente continua a comprare i giornali è proprio il giornalismo di inchiesta. E’ uno dei pochi modi per spingere le istituzioni ad assumersi le proprie responsabilità, e possiamo essere solo noi giornalisti a farlo. Se questo non accade, allora è la morte della democrazia“.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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