Loro 2, Paolo Sorrentino e il cast presentano il film alla stampa

Di Fabio Giusti
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La totale assenza di attività stampa o promozione legata all’uscita di Loro 1 acquista un senso di fronte all’affollata conferenza stampa di stamattina seguita all’anteprima del secondo capitolo di questo affresco così bello e imperfetto. In fondo era giusto che, prima di parlarne in maniera approfondita con autore e cast, si avesse il quadro totale di un progetto la cui divisione un po’ forzata in due parti sembra finora aver raccolto più critiche che lodi. Paolo Sorrentino ha evidentemente accusato il colpo di certi attacchi e non ne fa mistero, durante un incontro con la stampa che, nonostante il nutrito parterre, si concentra quasi esclusivamente su di lui.

Paolo Sorrentino, partiamo innanzitutto dal gioco del “chi è chi” che, fin da prima dell’uscita di Loro 1 si è scatenato tra critica e pubblico.
Il gioco del “chi è chi” sarà anche legittimo ma fa un po’ rotocalco e non ha tanto senso nella misura in cui, nel film, ci sono personaggi reali con i loro nomi e altri che, se non hanno nomi reali, è perché non sono quelli a cui si fa riferimento nella stampa. Per cui il personaggio di Fabrizio (Bentivoglio) non è affatto, come invece mi è capitato di leggere, Bondi. Sì, è vero, recita poesie, ma penso che almeno una persona su due nel mondo scriva o reciti poesie. Allo stesso modo il personaggio di Kasia (Smutniak) non è Sabrina Began. Ci tengo a dirlo perché non si scherza con il fatto che alcune persone vengano chiamate in causa quando io non volevo farlo. Se ho dato dei nomi fittizi a questi personaggi è perché volevo essere libero di inventarli e, quando invece sono stati fatti dei nomi veri, è perché aveva senso seguire le vicende di personaggi veri.



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Avrai notato senz’altro che in giro si vedono diverse parodie del tuo stile. Ma ti capita mai di aver paura di fare film troppo alla Sorrentino?
Ma io non posso che fare film alla Sorrentino. Posso capire che a qualcuno la cosa possa stufare – ed è totalmente legittimo – ma, come dice anche un personaggio del film “è piuttosto difficile uscire da se stessi”. Molti invece dicono che cerco di imitare Kubrick, Fellini, Scorsese o addirittura Harmony Korine. Tutto quello che posso fare è citare chi disse che “bisogna provare a imitare i capolavori e, nella misura in cui non ci si riesce, si diventa originali. Dato che mi avete sempre detto che non riesco ad imitare questi autori, mi dovete almeno concedere che sono originalissimo.

È più difficile fare un film su Berlusconi o sul Papa?
Su Berlusconi. Anche se questo film non è solo ed esclusivamente su Berlusconi. Quando si ha a che fare con i personaggi reali tutto diventa infatti più complicato e quella che è la libertà creativa che siamo soliti prenderci viene inevitabilmente limitata per ovvie ragioni. The Young Pope era una serie su un Papa interamente inventato che, nella realtà, non esisterà mai per cui avevo l’opportunità di muovermi dentro una cornice di verosimiglianza all’interno della quale, però, l’inventiva era assoluta.

Nel descrivere Berlusconi, citando Hemingway, lo paragoni a un torero. E l’immagine che esce di lui, di uomo solo come tutti gli uomini di potere sono soli, non è del tutto negativa. Secondo lei Berlusconi, vedendo questo film sarà contento o meno?
A questa domanda non sono in grado di rispondere. Non posso fare ipotesi sulle reazioni degli altri ad un mio film. Sarebbe ingiusto.

Hai più volte dichiarato che Loro non è un film né schierato né ideologico.
Non solo il mio non è né un film schierato né tanto meno ideologico, ma è esattamente l’opposto. Da parte mia sarebbe stato stupido realizzare un film che ponesse al centro della questione la solita dinamica tra berlusconismo e anti-berlusconismo. Perché sono questioni ampiamente sviscerate e fuori tempo massimo. Ciò che mi sembrava invece essere stato meno dibattuto era la dimensione dei sentimenti dietro l’uomo politico. Per questo Loro non è, in alcun modo, né un attacco né una difesa di Berlusconi. E anche il fatto che ci sia una controparte rappresentata da Veronica Lario (interpretata da una bravissima Elena Sofia Ricci) che incarna tutta una serie di domande che i detrattori avrebbero voluto fargli non significa che io sia d’accordo con lei. Non è questo il senso del film. Io volevo indagare i sentimenti di questi personaggi, che sono per lo più di paura. Forse sarò ripetitivo e farò sempre film sullo stesso argomento, ma credo che la paura della vecchiaia – che è quella che c’è in Berlusconi – e la paura della morte aleggino su tutti, anche sui ragazzi di vent’anni che si vedono nel film. E credo che l’unica dimensione di attualità del film siano proprio le paure che, al contrario dei fatti che sono storici, rimangono sempre le stesse nei secoli, sviluppandosi semmai in maniera diversa. Nel preciso periodo storico raccontato nel film, ad esempio, si sono sviluppate in un dirompente vitalismo cui, come tutte le forme di vitalità, segue anche un ineluttabile senso di delusione.

Come è nata l’idea di raccontare Berlusconi anche attraverso una storia d’amore?
Una delle chiavi d’accesso al personaggio di Berlusconi per me era proprio partire da una storia d’amore e da lì, poi, muoverci in altre direzioni…magari anche troppe. Ma il punto di partenza mio e di Umberto (Contarello, abituale co-sceneggiatore di Sorrentino, ndr.) era proprio questo, in quanto ci sembrava un modo inedito per approcciare un personaggio di cui si è letto e visto di tutto.

Hai definito Loro come un film sugli italiani e per gli italiani.
Oddio, non è che volessi fare un film su tutti gli italiani, in primis perché ne esistono anche altri oltre a Loro. L’intento era di fare un film su un periodo storico (il 2006-2010) con delle precise caratteristiche, figlie, per molti versi, degli anni 90, decennio secondo me ancora poco esplorato. Ma non è un film sugli italiani, forse su una parte degli italiani. Insisto invece nel dire che questo è un film in cui si esplorano dei sentimenti che ritengo universali. Una dimensione che, una volta messa a fuoco, spero sia quella che rimarrà quando il film avrà esaurito la sua vita in sala. L’ultimissima scena poi – che però vorrei non rivelaste al pubblico – mostra come negli italiani ci sia anche una dimensione eroica che si contrappone alla perversione e alla depravazione del primo capitolo di Loro.

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In chiusura una domanda per Elena Sofia Ricci e Toni Servillo, i due attori che hanno interpretato personaggi reali mostrandone il lato meno pubblico. Come li avete affrontati?

Elena Sofia Ricci: Io faccio un po’ fatica a parlare di un personaggio che, oltre che reale, è anche esistente, però, quando ho letto la sceneggiatura, ho visto subito nel personaggio di Veronica Lario alcune istanze universali, che riguardano qualsiasi donna come il tema del disincanto e della fine di un amore importante. Il sentire un progetto per il quale si è vissuto sgretolarsi e il senso di malinconia che la paura del vedersi sfiorire porta con sé sono tutte emozioni che io, a 56 anni, conosco benissimo. Oltre a questo mi sono lasciata guidare da Paolo come una danzatrice di tango. Quando poi ho visto il film, mi è capitato di non vedere più né me stessa né Veronica, ma tutte noi donne che, almeno una volta nella vita, abbiamo vissuto quel tipo di sentimenti.

Toni Servillo: Io, prima di questo film, ho avuto la fortuna di fare Il divo. Dico fortuna non solo perché è un film di cui sono orgoglioso ma perché ho avuto la possibilità di mettere continuamente a confronto il lavoro fatto per quel film con quello su Loro. Andreotti era un divo nell’accezione con cui si era soliti considerare gli imperatori romani. Un personaggio che si muoveva all’interno dei palazzi della politica con un’introversione che alimentava mistero e segreto. Berlusconi invece è un divo necessariamente estroverso, che si pone al centro della scena politica con una estroversione che ne fa quasi un personaggio da cinema. Qualcuno che, con la sua presenza, occupa in maniera ossessiva l’interiorità di chi tenta affannosamente di imitare con le azioni il modello senza riuscirci. Questa è la cosa che mi interessava di più nel dialogo tra le due interpretazioni. Quando poi una sceneggiatura ha scene come quella del dialogo tra Berlusconi e il suo “doppio” Ennio Doris, capisci che Paolo ti sta chiedendo di allontanarti dalla cronaca o, tutt’al più, di raccontarla attraverso il linguaggio del cinema. La cosa più interessante del privato del personaggio a me è sembrata questa distanza dagli spazi della politica e il modo in cui Paolo la affronta in questo Eden sardo in cui noi vediamo Berlusconi in una fase di sopravvivenza, nella quale si alimenta del potere e, forse ancor più interessante, il potere si alimenta di questa fase di sopravvivenza. Lui non pianifica, non organizza, ma aspetta il momento giusto per rientrare in scena. Poi, è chiaro, c’è un accenno anche alle cronache, ma per affrontare quel lato del lavoro mi è bastato viverle data la loro vicinanza nel tempo.

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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