Romeo & Juliet

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a storia è sempre quella.
Romeo (Douglas Booth) ama Giulietta (Hailee Steinfeld).
Giulietta ama Romeo.
Le rispettive famiglie sono contrarie.
I due si sposano di nascosto e poi, complici una serie di misunderstanding, muoiono.



Sul serio, c’era davvero bisogno di un altro film tratto dalla più famosa tra le opere di William Shakespeare?

A detta del regista, Carlo Carlei (La corsa dell’innocente e il primo Padre Pio televisivo) e dello sceneggiatore Julian Fellowes (autore sia della serie Downton Abbey che del recente e orrido Pompei di Paul W.S. Anderson) evidentemente sì se, all’epoca della presentazione di Romeo & Juliet al Festival di Roma del 2013, spiegarono come la scelta di riproporre al pubblico la storia dell’amore fatale tra Romeo e Giulietta nascesse, in primis, dalla volontà di renderla affascinante ad un pubblico più giovane e culturalmente sempre meno attratto dal libro inteso come oggetto fisico.
Le motivazioni alla base del progetto erano quindi anche nobili, ma il film nel suo complesso però non convince.
Qualsiasi possibile lettura di Romeo & Juliet (la “e commerciale” tra i due nomi è forse l’unica variante significativa al testo originale) non può non fare i conti infatti con la supposta necessità di un’operazione del genere e, in tal senso, la sola finalità didattica non regge.
Perché se è vero che Shakespeare ha, di fatto, riscritto integralmente le principali regole della drammaturgia per come la si intendeva all’epoca, è altrettanto vero che oggi l’eco di tale riscrittura è rintracciabile più o meno ovunque.
Per dire, c’è molto più Shakespeare in una qualsiasi puntata di House of Cards o Game of Thrones che in questo compitino – anche piuttosto corretto, per carità – che, a tratti, sembra più un mero veicolo di lancio per le carriere dei molti giovani attori coinvolti che non una vera e propria rilettura di un’opera immortale.

Anche da un punto di vista puramente estetico, il termine di paragone più prossimo al film di Carlei pare essere proprio la più classica delle trasposizioni cinematografiche di Romeo e Giulietta mai realizzate finora, ossia quella girata da Zeffirelli del ’68 e didascalica già allora, quindi figurarsi nel 2015.
E a nulla o quasi servono gli attestati di autenticità artistica rappresentati sia dall’altisonanza di alcuni dei nomi coinvolti (primo tra tutti un attore di assoluto rango come Paul Giamatti) che dalla magniloquenza della messinscena.
Non basta infatti distribuire senso di grandeur a pioggia – dalle magnifiche location rinascimentali all’onnipresente e invasiva colonna sonora – per fare un grande film.
Al massimo ne può venir fuori un film grande e qui tutto è grande, ma quello che manca forse è proprio il cuore.
Il che, in un film sulla storia d’amore di tutte le storie d’amore, risulta essere un po’ un paradosso.
E se l’intento era davvero quello di avvicinare le ultime generazioni all’opera del Bardo dell’Avon, perché allora non partire da un processo di riscrittura (senza neanche tirare in ballo il Romeo+Juliet di Baz Luhrmann) piuttosto che di semplice – e un po’ sterile, diciamolo – rilettura?

Voto 4

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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