Operazione U.N.C.L.E.

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Negli anni Sessanta la Guerra Fredda ha ormai raggiunto il suo apice.
Napoleon Solo (Henry Cavill) e Illya Kuryakin (Armie Hammer) sono due agenti segreti che si trovano agli estremi opposti della barricata, il primo al soldo della CIA e il secondo del KGB.
Quando le rispettive agenzie apprendono che una pericolosa organizzazione criminale di stanza a Roma sta commerciando armi nucleari, i due sono costretti, loro malgrado, a mettere da parte ogni ostilità e a collaborare per prevenire una catastrofe mondiale.
Il loro unico aggancio è rappresentato da Gaby Teller (Alicia Vikander), figlia di uno scienziato tedesco scomparso da anni che, si suppone, stia collaborando al folle progetto.



Ha avuto un iter produttivo lungo e travagliato il nuovo film di Guy Ritchie (al momento già al lavoro su un film sui Cavalieri della Tavola Rotonda) che inizia nel 2011 con l’annuncio, da parte della Warner Bros, di un adattamento cinematografico della serie televisiva The Man From U.N.C.L.E. per finire con lo slittamento dell’uscita dallo scorso gennaio (il film di fatto era pronto già da un anno) ad ora.
Gestazione a parte però, non stupisce affatto che il primo nome indicato come possibile regista della pellicola fosse quello di Steven Soderbergh, che abbandonò poco dopo il progetto giudicando troppo pochi i 60 milioni di dollari stanziati come budget.
Operazione U.N.C.L.E. infatti è molto più vicino all’estetica dell’autore della trilogia di Ocean che non al losco sottobosco cockney bazzicato da Guy Ritchie prima dell’enorme successo del suo Sherlock Holmes.
Lo è per il suo continuo giocare a rimpiattino con lo spettatore che, fino alla fine, rimane nel dubbio su chi stia ingannando chi e per l’eleganza formale che fa da cornice, per non parlare del notevole contributo musicale pieno di funk di Daniel Pemberton, incredibilmente vicino a quanto fatto da David Holmes per i film di Soderbergh.
Ma Guy Ritchie, pur intervenendo su un progetto già in corso d’opera, è riuscito a confezionare un film spiritoso e ricco di colpi di scena, riprendendo le stilose suggestioni sixties di una serie TV andata in onda per la prima volta nel 1964, inserendole in un impianto strutturale tutto sommato classico, a metà strada tra un heist movie e la versione light di uno 007.

Quasi interamente girato in Italia – ad eccezione della rocambolesca scena iniziale, ambientata in una Berlino ancora divisa dal muro – Operazione U.N.C.L.E. soddisfa quindi le aspettative, anche in virtù di una trama che, come il genere spy impone, risulta ingarbugliata ma non troppo e di una costante leggerezza di fondo che, in evidente omaggio al glamour dell’epoca trattata, non ambisce mai al realismo imboccando fin da subito la via di una colorata stilizzazione.
Nulla di trascendentale per carità, solo un allegro compitino vintage ben scritto e girato in maniera formalmente impeccabile, pieno di inseguimenti e ironici botta e risposta tra una sparatoria e il rischio di un’esplosione nucleare.
Laddove invece il film risulta meno performante è sul versante attoriale.
La lista di nomi presi in considerazione per i ruoli principali andava infatti da George Clooney a Michael Fassbender, passando per Leonardo DiCaprio e Tom Cruise (quest’ultimo ha poi abbandonato il ruolo per dedicarsi anima e corpo al quinto Mission: Impossible – Rogue Nation) ed è piuttosto comprensibile quindi una parziale delusione dello spettatore dinanzi alla presenza nel cast di Henry Cavill (il Superman di Zack Snyder in Man of Steele) e Armie Hammer (J. Edgar, The Lone Ranger), di certo dotati del physique du rôle richiesto dai personaggi, ma un po’ scialbi e quasi del tutto privi del carisma legato agli attori citati poc’anzi.
I due però fanno quello che possono, il resto ce lo mettono i navigatissimi comprimari Jared Hess e Hugh Grant – ma attenzione che, in un piccolo cameo, c’è anche David Beckam – e la splendida Alicia Vikander, vista di recente in Ex Machina di Alex Garland e, anche in virtù dell’ambiguità del suo ruolo, forse la vera protagonista del film.
Della presenza del nostro Luca Calvani nella parte del villain di turno, invece, forse è meglio tacere e considerarla semplicemente come un errore di casting di cui immaginiamo lo stesso Ritchie si sarà reso conto sin dai primissimi ciak.

Voto 6,5

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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