Sopravvissuto – The Martian

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Allora, vediamo un po’… Abbiamo una missione spaziale, Matt Damon abbandonato nello spazio, e Jessica Chastain: ma no, Sopravvissuto – The Martian non è lo spin off di Interstellar. L’uomo di Marte, il libro dell’esordiente Andy Weir, esempio di bestseller reclutato dalle major editoriali Usa su Amazon (pubblicato dall’autore online a 99 centesimi, totalizzando 35.000 download in 3 mesi prima che i diritti venissero acquistati prima da un editore di audiolibri e poi, a peso d’oro, dalla Crown) edito in Italia da Newton Compton, raccontava una vicenda cinematograficamente troppo perfetta per non finire sul grande schermo. E Ridley Scott, intuendone subito le potenzialità, acquistò i diritti di questa storia corposa e scientificamente molto accurata scritta da uno ingegnere del software.



Dopo i deludenti Mission to Mars e Red Planet, finalmente si torna sul pianeta rosso con un film come Dio comanda: il timore che aleggiava in sala prima della visione di The Martian, supportato dal fatto che ultimamente il buon vecchio Ridley non ci aveva entusiasmati (con i recenti Exodus – Dei e re, The Counselor e Prometheus), è infatti svanita dopo i primi minuti. La storia, se non avete letto il libro, racconta le peripezie dell’astronauta e botanico Mark Watney (Matt Damon), impegnato su Marte nel corso della missione Ares III insieme ad altre menti brillanti. Durante una tempesta, l’equipaggio decide di abortire la missione, ma nel tragitto dal campo base alla navicella di recupero si perdono le tracce di Watney e, pensandolo morto, gli astronauti fanno ritorno alla nave madre.
Mark però non è morto e una volta risvegliatosi, si ritrova solo su Marte. L’astronauta sarà costretto a cercare di sopravvivere su un pianeta arido ed inospitale, sapendo che la prossima missione che potrebbe portarlo in salvo arriverà solamente fra quattro anni.

Mark Watney è un Robinson Crusoe dello spazio, una specie di Bob aggiustatutto e la sua caratterizzazione risulta essere una scelta azzeccata che paga soprattutto in termini di narratività e di sviluppo della storia: ironico, pieno di vita, di speranza, capace di scorgere il lato positivo e le possibilità di riuscita in ogni cosa, la resilienza che dimostra nel superare le avversità, in totale solitudine (altro concetto sviluppato in modo illuminante, per cui l’essere soli in quelle specifiche circostanze si vedrà essere una fortuna, ancor più che un motivo di angoscia), sarà costretto a trovare dentro di sé le risorse per sopravvivere. Costruito come un thriller e non privo di colpi di scena, in The Martian, al netto di qualche momento intriso di immancabile retorica americana, non c’è spazio per pistolotti introspettivi e prediche sul senso della vita e questo lo rende un prodotto di puro intrattenimento che ha, tra i vari punti di forza, quello di rimanere sempre sul filo della credibilità senza mai rischiare di scivolare nell’assurdo, nonostante le situazioni più bizzarre.

E poi c’è un cast perfettamente assemblato, capitanato da un irresistibile Matt Damon che  regala il giusto spessore al suo personaggio  incarnando perfettamente la caduta e la rinascita di un American Dreamer; la sempre perfetta Jessica Chastain nel ruolo del comandate della missione spaziale di cui fanno parte anche Kate Mara e Michael Peña, Chiwetel Ejiofor in quello del responsabile della missione, Jeff Daniels diretto della NASA e Sean Bean, il Boromir del Signore degli Anelli, a capo del progetto Hermes. Ad aiutare la riuscita di The Martian, oltre alla scoperta di acqua su Marte, svelata proprio in questi giorni che, soprattutto per le tempistiche, potrebbe apparire come una geniale trovata di marketing, anche una colonna sonora tanto azzeccata quanto straniante (si va da Gloria Gaynor agli Abba, passando per Starman di David Bowie) ulteriore tassello di un’operazione perfettamente riuscita, fresca, divertente e ricca di suggestioni. Welcome back, Ridley!

Voto 8

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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