Indivisibili

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Indivisibili

Giunto al suo terzo film Edoardo De Angelis alza il tiro e lascia chiaramente intendere di voler fare sul serio con questo Indivisibili, presentato da poco nelle Giornate degli Autori di venezia 73.
L’affresco sociologico di Mozzarella Stories e la denuncia filtrata dal genere di Perez trovano infatti qui forma più compiuta e, insieme ad un inedito afflato poetico, vanno a comporre un vero gioiello, uno dei pochi film italiani del 2016 per cui non risulti eccessivo spendere l’aggettivo “imperdibile”.
È la storia di Viola e Dasy (Marianna e Angela Fontana), due gemelle siamesi sfruttate dal padre come cantanti neomelodiche ai matrimoni e alle feste che, grazie alle loro esibizioni, danno da vivere a tutta la famiglia.
Le cose vanno bene fino a quando non scoprono di poter essere facilmente divise con un semplice intervento chirurgico.
A quel punto il sogno di una normalità in cui una possa bere del vino senza temere che l’altra si ubriachi diventa qualcosa di tangibile, così come la speranza di un amore che non contempli la presenza di una delle due nel ruolo di osservatrice passiva.



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Indivisibili inizia esattamente dove finiva Perez, in una Castel Volturno che è prima di tutto un luogo dell’anima. Un limbo, a soli due passi da Napoli, dove molti vanno a nascondersi dai troppi occhi del capoluogo campano.
Questo non luogo, insieme così squallido e suggestivo, è protagonista del bellissimo piano sequenza iniziale che segue alcune prostitute trascinarsi con passo stanco su una spiaggia alla fine di una nottata di lavoro per poi introdursi furtivo nell’intimità della camera da letto di Viola e Dasy per spiarne il risveglio.
Da quel momento in poi la macchina da presa di De Angelis non si staccherà più dalle due sorelle, illustrandone un calvario laico che, se non fosse per la straordinarietà del tema trattato, coinciderebbe con il senso più profondo di qualsiasi crescita.
Tutto il film è infatti una più che riuscita allegoria della progressiva definizione della personalità e della ricerca di un’indipendenza che spesso non può non passare attraverso una o più perdite.
Laddove però il più delle volte si tratta di perdere se stessi prima di ritrovarsi (come in Alla ricerca di Dory) qui tocca  invece rinunciare alla metà letterale di sé nella speranza di realizzarsi poi come individui.
Il tema del freak, poi, serve più che altro all’autore per ragionare su un microuniverso socioeconomico in cui la normalità è ben lungi dal garantire il pane e qualsiasi difetto può facilmente diventare fonte di sostentamento attraverso la sua pubblica esposizione.

La dinamica rappresentata però non è in alcun modo da Circo Barnum e questo padre, sebbene sia presentato come un impresario tutt’altro che amorevole (Massimiliano Rossi), prova a suo modo sincero affetto per le sue due figlie, così come Tognazzi amava Annie Girardot pur sfruttandone le possibilità “spettacolari” anche da morta ne La donna scimmia, capolavoro a cui De Angelis rende evidente omaggio chiamando uno dei personaggi chiave del film proprio Marco Ferreri.
Ma il degrado valoriale qui non si limita alla famiglia e invade anche la componente spirituale, nella persona di un laido parroco pronto a tutto pur  di raggranellare offerte per la chiesa, anche a sfruttare l’anomalia rappresentata nella comunità dalle due protagoniste.
Come accennato poc’anzi, però, il versante su cui Indivisibili lavora di più e meglio è quello di un delicato intimismo dai risvolti toccanti ma mai ricattatori.
Perché, prima di essere denuncia di un disagio sociale e morale, Indivisibili è un apologo che, per quanto amaro, non perde mai di vista la sua natura favolistica.
Una favola nera in cui Viola e Dasy assurgono al ruolo di Alice bifronte in un Paese che di meraviglie ne ha davvero poche, mentre invece pullula di lupi cattivi.
E, in totale assenza di principi azzurri che arrivino a salvarle, appare quindi ovvio come il film debba finire più o meno dove è cominciato.
Sull’unione di due solitudini che, da puramente fisica, si fa elettiva.

Voto: 7,5

 

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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