American Pastoral

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L’esordio alla regia di Ewan McGregorAmerican Pastoral, riapre per l’ennesima volta il discorso relativo alla necessità di certi adattamenti cinematografici di capolavori della letteratura.
Indipendentemente infatti dal coraggio mostrato dall’attore scozzese nel decidere di portare sullo schermo un libro non solo complesso ma anche così profondamente americano come il romanzo (Premio Pulitzer) di Philip Roth, le difficoltà erano molteplici.
Perché American Pastoral rientra a buon titolo in quel novero di libri la cui traccia narrativa risulta poco più che un pretesto per parlare in realtà d’altro. In questo caso della definitiva morte del Sogno Americano sotto il peso di una contestazione giovanile che, in seguito al fallimento del “make love, not war” sessantottino, si scopriva capace di ripagare la violenza subita con la stessa moneta. In tal senso un romanzo che molto si avvicina al capolavoro di Roth per come cerca di leggere gli Stati Uniti di oggi andando a ritroso fino al momento in cui tutto è cambiato è Vizio di forma di Thomas Pynchon. Laddove però P.T. Anderson, nel trasporre quest’ultimo in immagini, decide di dare forma visiva – o almeno una sua interpretazione – allo stile di Pynchon prima ancora che limitarsi a raccontare una storia, McGregor procede in maniera esattamente opposta.



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Ecco dunque che il suo film si concentra quasi solo sull’amore di un padre per una figlia che, a un certo punto, molto semplicemente si perde mentre il coté più profondamente politico della matrice letteraria (il terrorismo in casa propria, gli scontri razziali) rimane invece come sfondo.
La storia di Seymour Levov (Ewan McGregor), conosciuto da tutti come “lo Svedese”, che dalla vita sembra avere avuto tutto: bellezza, un buon lavoro e una moglie bellissima (Jennifer Connelly). Ma il destino ha in serbo una sorte ben più amara per l’uomo che, in seguito a una scelta radicale quanto tragica compiuta dalla figlia adolescente (Dakota Fanning) assiste alla rovina di tutto il proprio mondo.
Ovvio che un processo di così estrema semplificazione del testo porti con sé anche il rischio di assottigliare il valore metanarrativo di Pastorale americana fino a snaturarne il senso.
Fortuna vuole che lo script (opera di John Romano, autore attivo finora principalmente in TV) si fermi giusto un attimo prima che ciò accada e riesca comunque a restituire allo spettatore la cifra inquieta dello stile dell’autore de Il lamento di Portnoy.
McGregor mostra tutta la sua buona volontà con una regia assai curata, sempre attenta a non strafare nel tentativo di definire un suo stile visivo, come fatto, ad esempio, da George Clooney ai tempi del suo esordio Confessioni di una mente pericolosa.
Anche la ricostruzione storica risulta impeccabile, con una particolare attenzione dedicata ai costumi e agli interni.

L’INTERVISTA A EWAN MCGREGOR
Il film arriva in Italia dopo essere stato presentato all’ultimo Toronto International Film Festival, forte anche dell’endorsement dello stesso Roth che ha dichiarato di ritenere il film di McGregor come il migliore tra gli adattamenti tratti finora dalle sue opere.
C’è da dire che, alla luce della mediocrità di film come La ragazza di Tony a The Humbling, passando per il pessimo La macchia umana, un’affermazione del genere può apparire come un’arma a doppio taglio. Ma sarebbe ingiusto affermare che quella di Pastorale Americana sia un’operazione poco riuscita, perché è un film che si lascia guardare, appassiona quando deve appassionare e commuove quando vuole commuovere.Semmai Ewan McGregor paga il prezzo di aver osato troppo senza essere P.T. Andreson.
American Pastoral risulta così, per certi versi, simile alla trasposizione de La versione di Barney girata nel 2010 da Richard J. Lewis. Se non altro per la correttezza formale con cui entrambi approcciano dei modelli letterari forse davvero troppo alti.

Voto 6,5

 

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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