Hollywood Confidential

Di Carolina Tocci
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Il pettegolezzo che oggi vediamo consumarsi voracemente e alla velocità della luce grazie alla TV e al web,  quando è nato era scandito da ritmi lenti e sinuosi. Nasceva e moriva sulle pagine dei rotocalchi, lasciando friggere di curiosità il lettore, tra un’uscita e l’altra in edicola. L’attesa alimentava il mercato delle malelingue, la gente aveva il tempo di rielaborare quello che aveva letto, fantasticandoci su e mettendoci del proprio. Protagonisti indiscussi di questa stampa patinata e leziosa erano soprattutto le star del cinema.
A più di cento anni dalla sua nascita, vogliamo far tornare alla ribalta gli avvenimenti più succosi che hanno fatto di Hollywood la cinelandia dei vizi e della depravazione, tra divi e divine osannati sul Grande Schermo con i loro volti angelici, quando in realtà si dividevano tra festini a base di sesso, droga e champagne.
Hollywood nacque grazie a una manciata di commercianti ebrei della West Coast, attirati dai proverbiali trecentoquarantacinque giorni di sole all’anno che avrebbero permesso di girare quasi ininterrottamente quelle avventure che la gente aveva dimostrato di apprezzare. Nei primi anni Venti, quaranta milioni di americani davano il loro contributo alla settima arte, acquistando biglietti per il cinema, spinti da annunci come: “L’avventura, l’amore e il brivido che mancano nella vostra vita, li troverete nei film! Il film vi stacca completamente da voi stessi, portandovi in un mondo meraviglioso! Anche solo per un pomeriggio o per una sera, evadete!…” e via dicendo. La nascita del divismo e il conseguente potere mediatico e commerciale di cui erano entrate in possesso le star non facevano altro che supportare voci pettegole e indiscrete sui nuovi eroi nazionali, che vedevano la luce e si consumavano con la stessa velocità di un battito di ciglia.
Questa rubrica vuole essere una sorta di memorandum della Hollywood che fu, con i suoi protagonisti e i loro vizi e vizietti, più o meno noti.

Fatty: un sogno divenuto incubo



Il primo vero scandalo di Hollywood, che fece il giro del mondo e occupò a lungo le prime pagine dei principali quotidiani, fu quello legato al nome e ai centocinquanta chili di Roscoe “Fatty” Arbuckle. Questi era il garzone di un idraulico, prima di essere scoperto da Mack Sennett (attore, regista e talent scout), da cui era andato per sistemargli lo scarico del bagno intasato. Dal giorno successivo Fatty cambiò lavoro e raggiunse il successo in un lampo, passando dai tre dollari al giorno che gli offrì Sennett nel 1913, a cinquemila verdoni a settimana, quando nel 1917 firmò un contratto con la Paramount. Arbuckle divenne presto il beneamino dei piccoli e il re della risata, amato da tutti per quel suo faccione non troppo intelligente, ma che aveva una certa presa sul pubblico.

Il 5 settembre del 1921, Fatty si recò a San Francisco, approfittando di una pausa dal film a cui stava lavorando. L’intenzione era di festeggiare i suoi successi da quando era entrato a far parte della famiglia Paramount, con un party memorabile, e così fu. Venuto da Los Angeles con la sua nuova Pierce-Arrow fiammante con due amici a bordo, prenotò tre appartamenti comunicanti al St. Francis Hotel di San Francisco e diede inizio alla festa. Una nutrita schiera di starlette era stata chiamata ad animare l’ambiente, tra queste anche una giovane attrice bruna su cui Fatty aveva messo gli occhi da un po’, Virginia Rappe. Verso le tre del mattino, un Fatty ubriaco fradicio in accappatoio accalappiò quella che aveva deciso essere la sua preda per la notte, trascinandola nell’appartamento 1221. Prima di chiudere la porta sembra abbia rivolto la sua ben nota strizzata d’occhio licenziosa agli invitati, dicendo: “È un momento che aspettavo da molto tempo”.


I festeggiamenti si bloccarono improvvisamente quando dalla camera da letto si udirono delle grida strazianti. Ad un tratto Arbuckle venne fuori con un sorriso stampato sul volto pingue, il pigiama ridotto a brandelli e il cappellino di Virginia sulle ventitré, incitando le altre ragazze a vestire la sua “amichetta” e a portarla “da un’altra parte, visto il chiasso che fa”. Ma Virginia continuava a gridare, allora dalla bocca grassa di Fatty risuonò un “Piantala! O ti butto giù dalla finestra!”.

Prima di cadere in coma, la giovane attrice riuscì solo a bisbigliare a un’infermiera dell’ospedale in cui era stata portata: “È stato Fatty Arbuckle a ridurmi così… vi prego, fate che non la passi liscia…”. Il 10 settembre la ragazza morì. Ufficialmente per una peritonite. Una frenetica operazione di copertura fu iniziata dalla Paramount per cercare di salvare il salvabile, ma non servì a molto. Le indagini della polizia rivelarono dettagli orrendi analizzando il corpo della ragazza, il cui decesso era stato causato in realtà da gravi lacerazioni nel basso ventre. Fatty Arbuckle fu formalmente accusato di violenza carnale e omicidio di primo grado e Hollywood fu scossa dalle fondamenta per quello che fu uno degli scandali più fragorosi del decennio, tanto che che gran parte dell’opinione pubblica arrivò a costituire dei comitati per chiedere la pena di morte per Fatty.
Dopo tre processi, Arbuckle fu scagionato definitivamente, ma la sua carriera non ebbe alcun seguito. Morirà all’età di quarantasei anni per un infarto. Fatalità, il giorno dopo avrebbe dovuto tornare sul set dopo anni, per girare un film da protagonista.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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