Carriere stupefacenti – Prima parte

Di Carolina Tocci
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Le regole imposte da Hays avevano fermato solo apparentemente la dissolutezza delle star e del loro entourage. La discrezione era una maschera che veniva indossata solo in pubblico, mentre i festini continuavano ad impazzare come e più di prima. Ma nonostante le mille attenzioni, la stampa riusciva sempre a trovare il modo di venire a sapere chi avesse fatto cosa a quella tale festa, corrompendo i domestici o in altri modi poco ortodossi. Durante queste serate i cui tutto, ma proprio tutto, era concesso, lo champagne e gli alcolici erano il male minore. Eroina e cocaina erano all’ordine del giorno e, proprio per il timore di essere colti in flagrante, era ormai abitudine dei divi e di tutti i pezzi grossi dell’industria cinematografica rifornirsi presso uno spacciatore di fiducia.

Fu proprio un’eccessiva dose di eroina stroncò la carriera della giovane Barbara La Marr, una delle attrici più belle e conturbanti del cinema muto. Celebre per il suo fisico da pin-up, entrò nell’olimpo di Hollywood grazie al ruolo di Milady nel film I tre moschettieri, con Douglas Fairbank, nel 1921. Nel ’22 era al fianco di Ramon Navarro ne Il prigioniero di Zenda e a vent’anni era già una star. Aveva iniziato a recitare quando era bambina in piccole produzioni teatrali a Tacoma (Washington D.C.) ma quando la sua famiglia si trasferì a Burbank, in California, il sogno di una carriera cinematografica si fece spazio poco a poco nella sua mente di adolescente.



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Sin da giovanissima si era rivelata un personaggio indubbiamente particolare, soprattutto per l’epoca. Nel gennaio del 1913 partì, poco più che ragazzina, per una gita di alcuni giorni in compagnia della sorella Violet e di un certo C. C. Boxley. Sui giornali si parlò di un tentato rapimento nei confronti di Barbara, anche se la ragazza riuscì a tornare a casa. Violet e Boxley rischiarono di essere accusati per rapimento, ma il caso venne archiviato. Nei mesi successivi Barbara tornò a far perlare di sé dopo aver raccontato di essersi sposata con un allevatore di bestiame, conosciuto durante un viaggio in Arizona. Jack Lytell, questo il nome dell’uomo, l’aveva conosciuta mentre era in groppa al suo cavallo e, dopo averla vista al volante ddi un’auto, l’aveva seguita per chilometri, per portarla all’altare il giorno successivo.

Dopo il matrimonio, Barbara La Marr e il marito si trasferirono a New York. Lei iniziò a scrivere sceneggiature, ma il suo legame con Lytell si sgretolò quasi subito, e nel 1914 sposò in seconde nozze Lawrence Converse: il matrimonio fu dichiarato non valido pochi giorni dopo, e Converse fu accusato di bigamia. Ci furono altri tre mariti nella sua vita, e con tutti ebbe relazioni che definire tormentate è poco. Nel 1920, tornò a Los Angeles per fare il suo ingresso nel mondo del cinema. Una carriera fulminea, che le fece guadagnare l’appellativo di “The Most Beautiful Girl In The World”. In pochi anni comparve in oltre trenta film, prendendo parte anche a musical nei teatri di Broadway prima che l’eccessivo uso di sostanze stupefacenti di ogni sorta stroncassero la sua vita e la sua carriera, a soli ventisei anni.

Era solita tenere la cocaina in uno scrigno d’oro che non rimaneva mai vuoto, sopra il pianoforte a coda del salotto. Inquieta sin da bambina, durante le interviste si vantava di non perdere mai più di due ore a notte per dormire, poiché “aveva di meglio da fare”. Collezionare “amanti a dozzine, come le rose”, diceva. E il pubblico andava letteralmente in visibilio per questa sensuale sfrontatezza che da sempre l’aveva contraddistinta. Il risultato delle indagini che seguirono la sua morte, fu tenuto segreto e gli studios attribuirono il decesso a una dieta troppo rigida a cui l’attrice si stava sottoponendo.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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