Venezia, e otto

Di Carolina Tocci
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L’ottava giornata di Festival si è aperta con una scena un po’ avvilente. Questa mattina, durante la proiezione stampa delle 9:00 di Quando la notte, il film della Comencini con Claudia Pandolfi e Filippo Timi, la visione della pellicola è stata più volte disturbata da risate, qualche fischio, e numerosi “buuu” di disapprovazione. Ora parleremo del film, seconda pellicola italiana In Concorso, ma prima vorremmo prendere le distanze dai colleghi che non sono riusciti a mantenere per sé il loro disappunto e che hanno sentito l’irrefrenabile necessità di esprimerlo in modi poco . E noi che pensavamo di partecipare a una proezione riservata ai giornalisti e agli addetti ai lavori, mentre ci siamo ritrovati in una situazione non molto distante da quella dei cinema parrocchiali di metà del secolo scorso: ve lo assicuriamo, sembrava di far parte della platea di Nuovo cinema Paradiso, ma senza l’elemento poetico. Un atteggiamento che sinceramente ci sfugge, dato che sarebbe stato sufficiente un minimo di contegno durante la proiezione, che poi si sarebbe riversato nel fiume di parole, magari le più nere e atroci, nel pezzo da mandare al giornale di turno. In fondo quando un film piace non è che si applaude a ogni scena, o no?



Comunque, tanto per la cronaca, il film della Comencini non è piaciuto neanche a noi. Tratto dal romanzo della regista stessa, ambientato sul Monte Rosa, Quando la notte racconta la fatica dell’essere madre vissuto in prima persona dal personaggio interpretato da Claudia Pandolfi (Marina), oltre a un amore destinato a finire ancor prima di nascere, quello tra la donna e una rude guida alpina (l’abominevole Filippo Timi delle nevi). Dopo una prima mezz’ora che è di fatto un horror domestico, in cui lo spettatore viene introdotto nell’angosciante quotidianità vissuta dalla protagonista, il film smette di esistere. La storia della moglie borghese in vacanza e del misogino Manfred fa acqua da tutte le parti e, nonostante le parole della Comencini in conferenza stampa ci siano state utili a cercare di capire il suo lavoro un po’ più in profondità (“Ho voluto raccontare quell’ambivalenza che si crea con il proprio bambino, non si ha il coraggio di dire che essere madre è anche una limitazione della propria libertà. Non si può parlare con un bambino di due anni, ecco perché ho voluto mostrare la stanchezza, le ore che non passano mai, il fatto che gran parte delle donne appena hanno un figlio vengono spedite un mese in montagna da sole per curare raffreddori e altri malanni che affliggono i bambini piccoli. Ma ho voluto narrare anche la storia di due solitudini, quella di Manfred e quella di Marina”.) il nostro parere sul film è rimasto immutabile. Pollice verso.

Poi è stata la volta del film di Abel Ferrara, 4:44: L’ultimo giorno sulla Terra. Il regista de Il cattivo tenente e di tante altre pellicole sui generis è tornato In Concorso a Venezia per raccontare la fine del mondo in una stanza, vissuta da una coppia di artisti newyorchesi (Willem Dafoe e Shanyn Leigh, ex compagna di Abel Ferrara). “Quando sai che devi morire e che il mondo finirà, devi accettarlo. Due sono le cose certe nella vita: le tasse e la morte. Delle prime sappiamo che dipendono dal fisco, della morte invece non sappiamo da chi dipende”. Queste le parole del regista durante l’incontro con i giornalisti, incuriositi soprattutto dal motivo per cui il regista veda finire il mondo con l’arrivo di una nube verde: “Ottima domanda” ha risposto Ferrara. “Abbiamo consultato degli esperti e parlato con loro del problema dell’ozono. Non è un effetto al computer, l’aurora boreale che vedete è stata filmata per davvero! Il tema principale del film è l’uomo che distrugge la Terra e se stesso. La colpa è tutta nostra, non è un atto di Dio, non è un incidente. È una cruda realtà, che i miei personaggi devono accettare. Film discutibile, sicuramente molto personale, in cui l’unico elemento realmente convincente è l’interpretazione di Willem Dafoe.

Altro film presentato oggi, nella sezione Controcampo italiano, è stato Black Block, dell’architetto-regista genovese Carlo A. Bachschmidt. Utilizzando la voce di sette testimoni, Bachschmidt ha voluto raccontare in dettaglio i pestaggi e le torture ai danni dei manifestanti avvenuti nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 nella scuola Diaz di Genova mentre si svolgeva . “Black Block nasce con l’intenzione di raccontare come la repressione delle forze dell’ordine abbia controllato le vite, i desideri e le passioni di coloro che hanno vissuto l’episodio più violento mai attuato dalla polizia italiana. E restituire la partecipazione dei tanti manifestanti venuti a Genova durante le giornate del G8, che in forma diversa portano ancora oggi una ferita aperta” ha dichiarato il regista che è apparso visibilmente scosso ed emozionato durante la conferenza stampa di questa mattina, nonostante abbia trascorso gli ultimi anni ad esaminare documentazioni e testimonianze di quegli orrori a cui, è evidente, non ci si abitua mai. Dove i media nazionali hanno fallito (intenzionalmente, scegliendo di non mandando in onda le immagini di quanto accaduto durante gli scontri in occasione), Bachschmidt colpisce nel segno, confezionando un documentario che arriva dritto nello stomaco come un pugno ben piazzato. Non si può che uscire sdegnati dalla visione di simili verità, a maggior ragione sapendo che, nonostante gli atti del processo che si è svolto nei confronti dei ventinove agenti di polizia accusati di pestaggio, lesioni e calunnia hanno dato ragione ai manifestanti, la giustizia italiana ha fatto cilecca ancora una volta. Al solo pensiero di quegli stessi agenti, condannati abbiamo detto, che continuano a vivere come se niente fosse continuando a svolgere il proprio lavoro, viene il voltastomaco. Per non parlare della promozione dell’ex capo della polizia al tempo in cui si sono svolti i fatti, Gianni Di Gennaro, ora promosso a direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza. Il film, prodotto da Fandango, uscirà in un’unica sala romana, il Politecnico, venerdì 9 settembre, prima di essere diffuso in versione libro + DVD nelle librerie dal 15 settembre.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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