Noi
— 4 aprile 2019Jordan Peele confeziona un horror ricco di suggestioni che valica il genere e ci costringe a guardare in faccia il nostro peggior nemico. Noi stessi.
Dopo la misteriosa scomparsa del Re (Sean Bean), la perfida regina (Julia Roberts) assume il controllo del regno e tiene la bellissima figliastra diciottenne, Biancaneve (Lily Collins) rinchiusa nel palazzo. Ma quando la principessa conquista il cuore di un affascinante e ricco principe (Armie Hammer), la gelosa regina fa relegare la ragazza nella foresta del regno. Biancaneve trova ospitalità presso una simpatica gang di sette nani ribelli e generosi, che la aiuteranno a trovare il coraggio di lottare per salvare il suo paese dalla regina cattiva.
Questa è Biancaneve, la fiaba dei fratelli Grimm che ci raccontavano da bambini per farci addormentare, meravigliosamente ripresa dalla fantasia Disney nel primo lungometraggio d’animazione mai realizzato. Ma nelle mani di Tarsem Singh, abili nel plasmare la storia che tutti noi conosciamo e a trasformarla radicalmente, Biancaneve diventa un’altra cosa. Insieme con gli sceneggiatori Melisa Wallack e Jason Keller, Singh propone una chiave di lettura assolutamente nuova per questa intramontabile fiaba, creandone una trasposizione comica, magica e dal forte impatto visivo. Il regista di The Cell e del recente Immortals, che ha iniziato la sua carriera negli anni Novanta come regista di spot e videoclip (sua la pubblicità della Nike in cui una squadra formata da notissimi calciatori sfida una formazione composta da diavoli all’interno del Colosseo, così come il video di Losing My Religion dei R.E.M.), scorge nella struttura e nei contenuti della fiaba dei Grimm un valido espediente narrativo per dare sfogo al proprio talento visionario, che in Biancaneve diventa strabordante, tanto il film è intriso di colori, geometrie e continue invenzioni visive.
Nonostante Tarsem non perda di vista nemmeno per un istante l’impianto narrativo della fiaba di Biancaneve, rispettandone i personaggi e i rispettivi ruoli, il suo film rimane comunque una rilettura attualizzata della favola a cui si ispira. Ed è così che l’arrendevole Biancaneve diventa una ragazza dal temperamento forte che non ha bisogno di un prinicpe che la salvi, lo stesso principe si trasforma in una specie di toy boy, bello e bamboccione, conteso com’è tra le grinfie della perfida regina e quelle poco meno rapaci della bella Biancaneve. Tra i personaggi, il più riuscito è quello interpretato da una divertente e sarcastica Julia Roberts (in realtà è proprio lei la protagonista del film, il cui titolo originale è Mirror mirror e non Biancaneve, con cui la pellicola esce nelle nostre sale). E’ una regina colorata, che si muove in spazi metafisici e favolosi quando interpella il suo specchio magico, che indossa abiti assolutamente eccessivi (quelli a firma della visionaria costumista giapponese Eiko Ishioka, scomparsa lo scorso gennaio, a cui il film è dedicato) e che si serve del linguaggio come unico strumento per veicolare e diffondere la malignità per cui è diventata celebre.
Ma Tarsem riesce a sfruttare la favola di Biancaneve anche per affrontare temi socialmente attuali come la crisi economica (la regina che mette in ginocchio il suo popolo continuando ada aumentare le tasse), o misurandosi con la diversità e la discriminazione delle minoranze (i nani sono costretti a rifugiarsi nel bosco perché il popolo li ha banditi dal regno in quanto brutti). Un caleidoscopio di colori e di paesaggi spettacolari, una pellicola dall’estremo impatto visivo e una sagace vena ironica che la pervade dall’inizio alla fine: Tarsem Singh questa volta ha fatto centro. E la mela avvelenata? C’è, ma non certo come ve la aspettate!
Voto 7
Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.
Tarsem Singh continua a percorrere la strada dell’imprevedibilità: la sua Biancaneve è tutta un’altra storia.
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