Dallas Buyers Club

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QUI le videointerviste al protagonista Matthew McConaughey



Ron Woodroof (Matthew McConaughey) è un coacervo di tutti i difetti che, verso la metà degli anni Ottanta, era possibile riscontrare in un americano medio, texano per la precisione.
Sorta di moderno cowboy bifolco e omofobo, con una passione per il rodeo, le scommesse e la sveltina facile, Ron passa le sue giornate tra una sbronza e un tiro di coca.
Vive alla giornata Ron Woodroof, senza mai pensare troppo al domani, ma quando questo domani gli viene negato per davvero dall’AIDS, malattia all’epoca ritenuta di appannaggio esclusivamente omosessuale, proprio non ci sta a lasciarsi andare.
I medici gli danno un mese di vita e lui, riottoso come uno dei cavalli che è abituato a montare, intraprende un calvario di solitudine e viaggi in macchina che lo portano ad oltrepassare diversi confini; innanzitutto quello delle proprie ristrettezze mentali, attraverso l’amicizia con il transessuale Rayon (Jared Leto), affetto dalla sua stessa malattia e, in secondo luogo, il confine con il Messico, dove Ron ha la possibilità di sottoporsi a cure mediche non approvate in U.S.A. dalla FDA (Food and Drugs Administration).
Di lì a decidere di importare illegalmente questi farmaci oltre la frontiera, perché più gente possibile possa usufruirne, il passo è piuttosto breve.

Dopo il passaggio In concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, arriva finalmente nelle sale italiane questo intenso apologo diretto da Jean-Marc Vallée (C.R.A.Z.Y.). E, giusto per essere chiari da subito, si tratta di un film bellissimo.
Sempre attento a non trasformare Woodroof in un martire fine a se stesso, l’autore canadese non tenta in alcun modo di farcelo amare, anzi. In un primo tempo ci spinge quasi a deprecarlo, amplificandone gli spigoli fino a negare allo spettatore la messa in atto del processo empatico.
La stessa cura per gli equilibri Vallée la imprime al film nel suo complesso, sovrapponendo i generi –  quindi, di fatto, annullandoli –  e facendo così in modo che l’opera non deragli mai sui facili binari della denuncia sociale un tanto al chilo, né tantomeno della retorica del dolore. Questo laicissimo cammino cristologico viene mostrato con uno stile secco e nervoso, mai sopra le righe e tutto proteso alla messa in scena di una metamorfosi, morale prima ancora che fisica, incarnata in maniera magistrale da Matthew McConaughey.

La storia di Ron Woodroof, per quanto dolorosamente vera, non è infatti l’unica ad essere raccontata in Dallas Buyers Club.
Il film si sofferma anche – o forse soprattutto – su un attore relegato per troppi anni in ruoli da impunito sciupafemmine in commediole romantiche buone giusto per i sabato sera di pioggia che, una volta superati i quaranta, decide di smarcarsi da quello stereotipo che rischia di ingabbiarne le capacità e di mostrarsi per ciò che è realmente: un interprete straordinario.
Matthew McConaughey aderisce quindi al personaggio di Woodroof con una partecipazione commovente, di cui l’elemento meramente fisico (la vistosa perdita di ventitré chili di peso) rappresenta solo la punta dell’iceberg.
Ciò che realmente stupisce in Dallas Buyers Club è il range espressivo di un attore che, consapevole di doversi giocare tutto e subito, passa senza soluzione di continuità dal dramma alla commedia – anche all’interno della stessa scena – perché sa che è di questi due registri che si compone principalmente la vita.
Il riscatto di McConaughey come attore a tutto tondo non inizia neanche oggi in realtà, ma è il frutto di un percorso, iniziato con l’immenso Killer Joe di William Friedkin passando per Mud di Jeff Nichols, che negli ultimi anni lo ha portato a riappropriarsi di un lato più viscerale e oscuro delle sue possibilità, sacrificando anche parte dello status di divo guadagnatosi negli anni addietro.
Dallas Buyers Club rappresenta solo l’apice di questa parabola e la nomination all’Oscar sta lì a dimostrarlo.
Con buona pace di Leonardo DiCaprio.

Voto: 8

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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