We Are Your friends

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Cole Carter (Zac Efron) nella vita sogna di fare il DJ. Mentre lavora alla traccia che spera lo renda un giorno famoso, passa le giornate con i suoi vecchi amici a North Hollywood, tra lavori precari e notti brave in discoteca. Le cose sembrano sul punto di cambiare quando l’affermato DJ James Reed (Wes Bentley) nota il talento di Cole e decide di fargli da mentore. Contemporaneamente il ragazzo si innamora, ricambiato, di Sophie (Emily Ratajkowski), la fidanzata di Reed. Tutto ciò fino al punto in cui si troverà a un punto di svolta, in cui dover scegliere tra i sentimenti, la lealtà verso l’amico e le proprie ambizioni.



Il giovane regista (e cosceneggiatore) Max Joseph è uno che si è fatto le ossa a MTV e questo, in buona sostanza, è il suo principale problema.
Perché se, da un lato, tale retaggio gli fornisce lo spunto tematico per un film che tratta la club culture, vista non solo come cornice posticcia all’interno della quale costruire un racconto di formazione e perdita dell’innocenza piuttosto abusato, dall’altro ne inficia pesantemente il risultato.
Innanzitutto per una questione di stile visivo, del tutto incapace di svincolarsi dai codici di un’estetica videoclippara incredibilmente anni 90. E poi perché, dopo un incipit neanche malvagio, le legittime ambizioni dell’autore crollano inesorabilmente sotto il peso della voglia, tipica di molti esordienti, di infilare troppe cose in un unico film.
Già, perché in We Are Yor Friends c’è più o meno tutto quello che ci si aspetta possa esserci in un’opera che, in maniera quasi dichiarata, ambisca ad essere manifesto generazionale. C’è quindi l’amicizia virile con un personaggio più adulto e già ampiamente disilluso (meglio se, al limite, anche alcolizzato), l’amore proibito che giocoforza dividerà le strade dei due e soprattutto ci sono le droghe.
Ora, luoghi comuni a parte, che un film ambientato nel mondo dei rave tratti l’argomento delle droghe sintetiche in maniera così antica e moralista è francamente inaccettabile.

Il modello di riferimento in questo caso dovrebbe essere un film come Trainspotting che, pur non essendo il capolavoro che all’epoca si cercò di far credere, riusciva nell’intento di rendere l’eroina il proprio fulcro narrativo, senza star lì a preoccuparsi di spiegare ogni due minuti quanto drogarsi sia sbagliato.
We Are Your Friends, all’opposto, è costruito come un lungo spot contro l’uso dell’ecstasy – inizialmente mostrata come qualcosa di assolutamente normale in quel tipo di subcultura – che, con l’approssimarsi dei titoli di coda, si trasforma in un vero e proprio pistolotto morale in cui c’è solo da capire a chi spetterà il ruolo di vittima sacrificale.
Parte della responsabilità è a monte, nel goffo tentativo di rendere mainstream ciò che è underground per sua stessa definizione, attraverso il coinvolgimento nel progetto di due attori dall’hype indiscusso ma incredibilmente sbagliati come Zac Efron e Emily Ratajkowski.
Efron è sbagliato già per un semplice discorso fisico. Non si è mai visto infatti un DJ bello, abbronzato e muscoloso.
I DJ in genere sono dei nerd segaligni e dall’aspetto malaticcio che si approcciano all’arte del DJing proprio per sopperire a questo genere di tare. Per la Ratajkowski invece il discorso è più semplice in quanto non è proprio un’attrice, ma una modella assurta agli onori delle cronaca per aver ballato seminuda in un videoclip di Pharrell. Sceglierla quindi per qualsiasi tipo di ruolo, a meno che tu non sia David Fincher, è una scelta sbagliata in partenza. L’ingrato compito di alzare un po’ il livello tocca al sottovalutato Wes Bentley che, in un ruolo troppo periferico, fa quel che può. Così We Are You Friends, indeciso se essere un blockbuster o un film generazionale, finisce per fallire su entrambi i fronti, dando un’immagine edulcorata e bacchettona di un mondo molto più sfaccettato di quanto si immagini e crollando miseramente al box office. E non fa bene neanche alla carriera di Zac Efron, evidentemente più a proprio agio nel divertente Cattivi vicini che non in questo scialbo ibrido tra La febbre del sabato sera e Cocktail.

Voto 4

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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