I migliori film del 2015 secondo Andrea Bosco

Di Andrea Bosco
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10. Corn Island di George Ovashvili

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Sullo sfondo del fronte interno della Georgia di inizio secolo, una prodigiosa, minimale fiaba naturalistica sulla finitudine dell’Uomo, straziante parabola elementale, fra poesia e politica, di tacito fragore e di sfolgorante sintesi visiva.



9. Vulcano di Jayro Bustamante

A metà fra la tradizione atavica e il sordido realismo, il melodramma acronico e lo scavo etnografico, l’esotismo e l’evasione, il miglior debutto della stagione è una prospettiva autentica sulla periferia della civiltà, sui suoi riti e sulle sue contraddizioni.

8. Leviathan di Andrey Zvyagintsev

Ferocissimo, brutale apologo sulla deriva corruttiva del potere e sul senso di vulnerabilità del singolo davanti alla sopraffazione del sistema dominante, un poderoso racconto (im)morale di cosmico fatalismo che vale tanto come fotografia della Russia odierna quanto come riassunto della condizione umana.

7. 45 anni di Andrew Haigh

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Impietosa e lancinante biopsia del rapporto di coppia e della fragilità dei suoi equilibri che assume i contorni perturbanti della ghost story, una riflessione sulla percezione del tempo, sul vuoto della perdita e sull’ombra del rimpianto che, nella sua sconcertante trasparenza, può dirsi l’ultimo film d’amore davvero possibile.

6. Kreuzweg – Le stazioni della fede di Dietrich Brüggemann

Stupefacente e gelida sacr(ileg)a rappresentazione a camera fissa sotto il segno della disciplina dreyeriana, una paradossale e catartica espressione di purezza cinematica sul dubbio, sulla mistificazione e sul sacrificio, una via crucis senza redenzione e commentata solo dal silenzio di Dio.

5. Mia madre di Nanni Moretti

Il capitolo più sincero e toccante di quel percorso nello “smarrimento del presente” che è la cifra alla base del ragionamento poetico morettiano, uno spiazzante, vitale atto di autocoscienza che si fa non diario privato di chi muore, ma confessione universale di chi resta, un’opera collettiva, intima e preziosissima.

4. National Gallery di Frederick Wiseman

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Ulteriore, fondamentale tassello del cinquantennale dizionario entomologico del padre del documentarismo moderno, nuova, sistematica operazione di dissezione antropologica e istituzionale che diventa un entusiasmante inno all’ineffabilità dell’Arte e una miracolosa, onnicomprensiva combinazione di osservazione e di immaginazione.

3. Turner di Mike Leigh

Sublime e meschina, titanica e miniaturistica, meditativa e sanguigna, l’ultima invenzione del più grande regista britannico in attività è una meravigliosa rapsodia della luce e dell’impressione, un eccentrico, debordante vagare nel mistero e nell’impeto della creazione che restituisce al cinema la sua missione estetica e romantica.

2. Francofonia di Aleksandr Sokurov

Capolavoro cubista e sregolato che riporta in primo piano il pensiero di uno dei maggiori intellettuali del post-moderno, una dimessa, personale preghiera a flusso di coscienza dedicata ai fantasmi del contemporaneo che acquista le proporzioni dell’opera-mondo e che fa lapidariamente calare il sipario sul Novecento.

1. L’altra Heimat – Cronaca di un sogno di Edgar Reitz

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Compendio e conclusione del massimo risultato mai raggiunto dalla narrativa audiovisiva, il congedo dalla fluviale epopea di Heimat ribadisce il ruolo di Reitz come unico epigono cinematografico di Marcel Proust e tira splendidamente le somme sul suo ciclo trentennale sulla Germania che fu con uno spericolato salto all’indietro che ha il sentore dell’eterno ritorno.

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