Captain America: Civil War

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Iniziamo subito col dire che il film che ci porta all’interno della Fase Tre del Marvel Cinematic Universe è un connubio bilanciato di azione, spettacolarità e questioni di tipo etico e sociale che si affacciano in un mondo sempre meno supereroistico e sempre più fragile e umano. Le vicende di Captain America: Civil War hanno inizio dopo dopo gli eventi di Avengers: Age of Ultron, con Steve Rogers (Chris Evans) e gli altri Avengers costretti ad affrontare i danni collaterali causati dalla loro lotta per proteggere il mondo. Dopo che la città di Lagos, in Nigeria, viene colpita dall’ennesimo incidente internazionale che vede coinvolti gli Avengers, le pressioni politiche chiedono a gran voce un sistema di responsabilità e un consiglio d’amministrazione che decida quando richiedere l’intervento del team. Questa nuova dinamica finisce per dividere gli Avengers che, al tempo stesso, oltre a gestire i conflitti interni al gruppo, dovrenno proteggere il mondo da un nuovo e temibile avversario.



Tratto dalla miniserie Marvel di sette numeri, firmata da Mark Millar e disegnata da Steve McNiven, questo Captain America: Civil War sembra in tutto e per tutto un film sugli Avengers più che sul supereroe patriottico per eccellenza, ma la presenza di una minaccia umana ed estremamente terrena che compie atti di terrorismo, e quindi di una paura diffusa e incontrollabile, lo riporta con forza nei territori cari a Cap. Una minaccia “piccola” e con le fattezze di un uomo, non di un supereroe che, proprio per questo, è in grado di nascondersi e di agire nell’ombre. La narrazione di Civil War procede splittata e segue da una parte la divisione degli Avengers con Cap portabandiera della squadra che non è disposta a barattare l’indipendenza di azione, e dall’altra quella capeggiata da Iron Man che invece si schiera dalla parte dei Governi per garantire la sicurezza dei civili. Ma non è tutto: il team infatti si troverà costretto, suo malgrado, ad unire le forze per sconfiggere il nemico comune, il Colonnello Helmut Zemo (Daniel Brühl).

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Se questo non fosse già abbastanza, ci si mette anche un interrogativo di tipo etico-sociale a rendere ancora più difficile la vita dei supereroi: è giusto che una compagine privata di elementi con superpoteri agisca al di sopra di ogni legge? I fratelli Anthony e Joe Russo (Captain America: The Winter Soldier) se la cavano piuttosto bene a condensare in un solo film tutto questo materiale, gestendo un ensemble di 12 supereroi e facendoli lottare l’uno contro l’altro, costringendoli a fare i conti con le loro paure più recondite e con le loro superinsicurezze ma, al netto di uno straordinario materiale di partenza discretamente gestito (i combattimenti coreograficamente complessi sono spettacolari, resi ancora più veri da una sbalorditiva fisicità, per non parlare degli effeti speciali) e di un paio di scene che valgono da sole il prezzo del biglietto (una spettacolare sequenza action in aeroporto, ma anche l’introduzione del personaggio di Spider-Man, divertentissimo e impacciato bimbo-ragno), Captain America: Civil War si ritrova a dover fare i conti con una durata davvero eccessiva che ha più di un momento di stanca.

Ciononostante rimane un ottimo prodotto mainstream che parla a tutti, godibilissimo anche per chi non ha mai letto una sola pagina della miniserie di Millar e McNiven. E funziona soprattutto perché fa leva su personaggi che, pur venendo dal fumetto, hanno tutti una solida costruzione “cinematografica” che consente loro di esistere dignitosamente in un medium differente da quello originale. Nessun flashback, niente spiegoni: due o tre battute o un semplice gesto sono sufficienti a inquadrare i personaggi. Il risultato finale è un’operazione decisamente matura in grado di portare questo Civil War oltre il concetto di blockbuster supereroistico, grazie all’introduzione di temi più profondi e drammaturgicamente coerenti con i film precedenti.

Voto 7

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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