Allied – Un’ombra nascosta

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Il senso di Allied – Un’ombra nascosta, ritorno alla regia di Robert Zemeckis a poco più di un anno dall’interlocutorio (per chi scrive) The Walk, andrebbe cercato nella sua lunga e bellissima sequenza iniziale, in cui vediamo uno dei due protagonisti, la spia franco-canadese Max Vatan (Brad Pitt) paracadutarsi nel deserto del Sahara. La macchina da presa lo inquadra dall’alto, dando all’occhio l’impressione che i suoi piedi non arrivino mai all’impatto con quell’enorme distesa di sabbia.
Quello che potrebbe apparire come un semplice artificio prospettico è in realtà il modo che ha l’autore di avvertirci che tutto ciò che stiamo per vedere, al netto della cornice storica in cui è calato, non vuole in alcun modo avvicinarsi alla realtà.
Molto più votato infatti alla stilizzazione in chiave mélo della Storia – con tanto di derive che gravitano pericolosamente attorno al kitsch – che non a fornirne un’istantanea con pretese di verosimiglianza, Zemeckis gioca (da sempre) coi generi e, in questo caso, costruisce il suo personalissimo omaggio al cinema classico; proprio lui, che quello stesso cinema ha contribuito a demolirlo formalmente nel quinquennio di sperimentazione in area motion capture.
E un film che guarda così tanto al passato non può non prendere le mosse proprio da Casablanca, sorta di altroquando semantico fin troppo carico di reminiscenze cinefile.



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È qui che Vatan incontra per la prima volta la sua complice, la spia francese Marianne Beauséjour (Marion Cotillard), con cui condivide una missione impossibile: assassinare l’ambasciatore tedesco in Marocco durante un ricevimento e, allo stesso tempo, cercare di uscirne vivi.
Oltre a portare a termine il piano, accade però che i due si innamorino e decidano di sposarsi.
Alcuni anni dopo, a Londra dopo aver dato alla luce una bambina, le vite di Max e Marianne sembrano rientrate su binari relativamente più tranquilli (lui lavora pur sempre per i Servizi Segreti) quando l’ombra di un dubbio atroce apre una breccia nella quiete del loro ménage familiare. Il Comando informa infatti Max che sua moglie potrebbe essere una spia tedesca e che sta proprio a lui accertarsene e, qualora la voce si rivelasse fondata, provvedere ad eliminarla.
Come si evince dalla sinossi di carne al fuoco ce n’è tanta. C’è tanto di quel materiale – anche solo in termini emozionali – che, nelle mani di un regista meno accorto, sarebbe facilmente potuto esplodere in una fiera dell’inverosimile al calor bianco.
Ma si dà il caso che dietro la macchina da presa c’è Robert Zemeckis, uomo di cinema incapace di girare anche un solo film che non sfiori l’eccellenza da ormai quasi quarant’anni. Del resto, per uno capace di sballonzolare Marty McFly dal futuro al Far West passando per gli anni Cinquanta, cosa vuoi che sia riuscire a far convivere Hitchcock e Douglas Sirk?

E infatti Allied scorre via agevole per tutte le sue due ore e mezza di durata, malgrado uno script al di sotto degli abituali standard a cui ci ha abituato Steven Knight (autore in proprio dello splendido Locke) e almeno un paio di scene salvate giusto in corner dal ridicolo involontario.
Parliamo, nello specifico, della sequenza di sesso in macchina durante una violentissima tempesta di sabbia e di un parto en plein air sotto le bombe naziste. Cose suscettibili di affossare inderogabilmente un film diventano invece, nelle mani di Zemeckis, momenti di cinema sopraffino e parte integrante di un raffinatissimo esercizio di stile.
Ciò che allontana semmai l’opera da una piena riuscita è la concentrazione di quasi tutte le sue riserve di pathos nella sola prima parte (quella marocchina) a scapito di uno sviluppo della storia che lavora un po’ troppo sul versante amoroso a svantaggio della sua componente di pura spy story.
Allo stesso modo in cui non si comprende la scelta di ringiovanire digitalmente Brad Pitt (qui impegnato per la terza volta a combattere i tedeschi dopo Bastardi senza gloria e Fury) con il risultato di farlo apparire quasi del tutto inespressivo.
Marion Cotillard è invece perfetta – come sempre del resto – in questo complicato e fascinoso ibrido di ambigua femme fatale e moglie devota.
Ingiustamente stroncato in patria, Allied – Un’ombra nascosta sarà molto probabilmente ricordato come un Zemeckis minore. Ma, al netto di ogni sua imperfezione, ha dentro tanto di quel cinema che quasi straborda.

Voto 7

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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