La parrucchiera

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La parrucchiera del titolo è Rosa (Pina Turco), ragazza-madre napoletana che lavora nel salone di Patrizia (Cristina Donadio) e Lello (Tony Tammaro). Quando le avance di quest’ultimo si fanno troppo pesanti, Rosa è costretta a licenziarsi e Patrizia, che l’ha sempre considerata come una figlia, si sente talmente tradita da prendere le parti del marito.
Rimasta senza lavoro da un giorno all’altro, Rosa tenta la grande scommessa di aprire un salone tutto suo, con l’aiuto delle amiche Micaela, donna passionale e intraprendente, e Carla, trans sensibile e materna. Tra mille difficoltà il sogno alla fine si realizza – anche grazie all’aiuto di Salvatore (Massimiliano Gallo), da sempre il grande amore di Rosa – e il negozio non solo si afferma, ma arriva addirittura a rivaleggiare con quello di Lello e Patrizia.
È uno strano cortocircuito quello che vede un pezzo della Gomorra televisiva (la bella protagonista Pina Turco vi recitava il ruolo della moglie di Ciro “l’immortale” e Cristina Donadio quello della cattivissima Scianel) spostarsi da quella Napoli in bianco e neon così stilizzata e iperviolenta ai colori vivaci e sgargianti con cui Stefano Incerti decide di illuminare i Quartieri Spagnoli, da sempre crocevia tra l’accezione più fieramente popolare della città e certe sue derive criminali.
In entrambi i casi la costante è l’utilizzo di filtri, non solo cromatici, atti a ridefinire una città più cinematografica del cinema stesso attraverso nuove coordinate sia di significato che di significante.



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Laddove altri avrebbero indirizzato infatti la storia verso lidi ben più drammatici, l’autore de Il verificatore e Gorbaciof abbandona qualsiasi pretesta documentaristica per sposare invece l’estetica del primo Almodóvar in un’operazione in parte già compiuta da Pappi Corsicato, solo meno appesantita dal punto di vista poetico-autoriale.
La Parrucchiera inizia quasi come un musicarello in Technicolor, con le canzoni dei Foja a dettare il ritmo di una storia abitata quasi esclusivamente da donne, ognuna delle quali con un sogno da realizzare.
Il pattern narrativo è, in buona sostanza, quello classico che vede dei protagonisti in difficoltà compiere, dal basso, un’impresa che si riteneva impossibile. Ma il senso del film non è da ricercarsi troppo in quello che Incerti racconta, quanto nel modo in cui lo fa. Nella leggerezza complice con cui l’autore osserva questa umanità solidale fatta di donne capaci e testarde ma, allo stesso tempo, anche dolci e fragili, che si barcamenano tra la ribellione e un più quieto spirito di adattamento ad un ambiente che stenta ad inquadrarle se non in relazione a un uomo. Uomini che, al contrario, vengono descritti come un campionario di umana miseria che va dal titolare di bottega con la passione per le ragazzine a un ex bambino prodigio diventato negli anni un acidissimo e vendicativo coiffeur.

La Parrucchiera è un film riuscito fin quando sfrutta appieno la sua componente più pop. Perde invece qualche colpo quando, nella seconda parte, Gomorra torna a fare capolino in un contesto fino ad allora amabilmente irreale. E non si tratta, si badi bene, di una supposta difficoltà di Incerti a maneggiare il dramma, tanto più che il regista è alla sua prima commedia in carriera. È più la dissonanza tra due registri antitetici e giustapposti in maniera un po’ forzata che, alla fine, devono trovare un compromesso, e quindi anche una sintesi.
Ne viene fuori un epilogo un po’ tirato via, che non sfrutta appieno le potenzialità dell’universo umano e multiculturale che fa da cornice al tutto. Ed è un peccato, perché se si fosse avuto il coraggio di non lasciare spiragli ad un crimine niente affatto necessario (perpetrato tra l’altro in modo assai poco verosimile), ora staremmo parlando di un Soul Kitchen in salsa partenopea o, al limite, di un nuovo Song’ e Napule.
Resta comunque il segnale importante di una Napoli – di fatto la vera protagonista del film – capace di produrre immaginari che non si limitino al solo genere.
Per dire che non mi stupirebbe affatto se, a fine visione, a qualcuno venisse la curiosità di farsi un giro nei Quartieri Spagnoli.

Voto 6,5

 

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Fabio Giusti

Da sempre convinto che, durante la proiezione di un film, nulla di brutto possa accadere, ha un passato da sceneggiatore, copywriter e altre prescindibili attività. A parte vedere film fa ben poco.

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