Vallanzasca: Gli angeli del male

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Completamente ignorato da Tarantino durante la scorsa edizione del Festival di Venezia (d’accordo che era Fuori Concorso, ma qualche premio collaterale avrebbe potuto vincerlo), Vallanzasca arriva nelle sale. E lo fa con clamore, circondato dalle polemiche e seguendo in tutto e per tutto i modi cari al bel René, quello vero: affascinante, furbo, millantatore, violento e gentiluomo e con quel “lato oscuro un po’ pronunciato”. Liberamente tratto da Il fiore del male di Carlo Bonini e Renato Vallanzasca e Lettera a Renato di Renato Vallanzasca e Antonella D’Agostino, il film di Placido ripercorre la vita del Boss della Comasina non tralasciando alcuni particolare della sua infanzia, che hanno contribuito non poco a farlo diventare ciò che è stato. 1985, Renato Vallanzasca, nato a Milano il quattro maggio 1950, è rinchiuso in una cella di isolamento nella casa circondariale di Ariano Irpino. Da lì ripensa la sua vita: la sua propensione per il crimine rivelata sin da bambino quando, a nove anni, con la sua combriccola di amici  libera una tigre da un circo. Poi si passa agli anni Settanta: Renato e la sua banda iniziano a farsi conoscere per i loro colpi, che poi vanno a smaltire nei locali in della Milano bene, tra donne, champagne e droga. L’incontro con Francis Turatello, boss incontrastato della malavita locale con cui Renato entra subito in conflitto, e il primo arresto di René, accusato di rapina a un furgone portavalori. La fuga da San Vittore e gli altri colpi messi a segno da lui e dalla sua banda, con il crescendo di efferatezza che le cronache dell’epoca riportano.



Placido si conferma regista di gangster movie all’italiana, dopo che cinque anni fa ci ha fatto ricordare uno dei periodi più bui della nostra storia recente con le gesta della Banda della Magliana. Il suo Vallanzasca è un crime movie a tutti gli effetti, che segue perfettamente la scia dei gangster movie d’oltreoceano senza cadere in scomodi paragoni. Di fatto Placido si impegna a restituire al pubblico la verità storica che riguarda il suo protagonista, farcendola un po’ di elementi romanzeschi funzionali alla fluidità della sceneggiatura. La colonna sonora dei Negramaro funziona, irrompendo con sonorità moderne nelle inquadrature retrò in cui agiscono Vallanzasca e la sua banda, creando un valido connubio. Kim Rossi Stuart nei panni di Renato Vallanzasca (nonché autore della sceneggiatura insieme con Placido) è a una delle sue prove più interessanti. Non tanto perché ha imparato il milanese (anche perché il vero Renato nelle interviste che ha rilasciato, parla un italiano decisamente più forbito rispetto al simil dialetto con cui lo fa parlare Rossi Stuart), quanto per la capacità con cui gioca a far entrare dentro di sé i due aspetti fondamentali e contraddittori della personalità di Vallanzasca: violento ma generoso, despota ma educato, assassino ma guai a chi gli tocca la famiglia o i suoi compagni. Meno riuscita l’interpretazione di Filippo Timi nei panni di Enzo, l’amico d’infanzia di René: superfluamente scatenata e sovrabbondante.

E le polemiche? Hanno accompagnato il film sin da quando è stato presentato a Venezia, e non accennano a diminuire. Giusto o sbagliato che sia, di fatto Placido torna a parlare di un personaggio scomodo, a capo di una banda responsabile di più di settanta rapine,  quattro sequestri di persona, dell’uccisione di quattro poliziotti, di un impiegato di banca e di un medico, e nel film, in carcere, della barbara uccisione di Massimo Loi, un ragazzo sospettato di tradimento. Certo Vallanzasca non è uno stinco di santo, ma il punto allora è: solo le storie con eroi buoni valgono la pena di essere raccontate? In Francia Nemico pubblico n° 1, in cui Vincent Cassel interpretava il gangster francese Jacques Mesrine, vincitore di tre premi César, è stato un film particolarmente apprezzato sia in territorio nazionale che all’estero. Così come Carlos, il biopic di Olivier Assayas sul terrorista mercenario Ilich Ramírez Sánchez. Insomma, ogni paese ha delle pecore nere nella propria storia, non per questo le loro storie non meritano un racconto. Soprattutto se è ben confezionato come lo è il Vallanzasca di Palcido. Peccato solo che perda un po’ nel confronto con Romanzo Criminale nella consistenza dei personaggi di contorno. La pellicola gira intorno alla figura di Renato, ed è giusto che sia così, ma la coralità con cui erano stati delineati i quattro della Banda della Magliana, in Vallanzasca non si raggiunge. Ed è un peccato.

Voto 7

Qui trovate le nostre interviste a Kim Rossi Stuart e Filippo Timi.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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