Doppiaggio? No, grazie

Di Carolina Tocci
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Avete mai sentito la voce di Humphrey Bogart, ad esempio in Casablanca? Non quella dell’edizione italiana, in cui l’attore viene doppiato da Bruno Persa, ma la vera voce di Bogart? Ecco la scena finale del film diretto da Michael Curtiz nel 1942.



E questa è la stessa scena doppiata, con le voci di Bruno Persa e di Giovanna Scotto, su quella Ingrid Bergman. Le differenze sono evidenti e saltano tanto agli occhi quanto alle orecchie.

Ma come, e soprattutto per quale motivo è nata l’esigenza di dover doppiare gli attori? Se ci pensate un attimo il far parlare qualcuno in una lingua diversa dalla propria e in più con una voce di un altro, non è affatto un passaggio lineare, ma piuttosto qualcosa di “contorto” e assolutamente indotto. Per dare una spiegazione a tutto ciò dobbiamo tornare alla fine degli anni Trenta, quando i film sonori che arrivavano nel nostro paese erano soggetti a restrizioni piuttosto pesanti sia tecnicamente (le sale fino a quel periodo avevano trasmesso solo film muti e non erano logisticamente pronte ad accogliere pellicole dotate anche di sonoro) che politicamente (le leggi del regime fascista proibivano la circolazione di film stranieri in una lingua diversa dall’italiano). Così si pensò di prendere i film sonori americani e di “risonorizzarli” ossia proiettarli muti ma con l’aggiunta di suoni e musiche, oltre all’inserimento delle didascalie, ormai sdoganate da tanti anni di muto.
Il risultato fu un disastro, e non solo per lo stravolgimento narrativo a cui un film doveva sottostare, ma anche per una durata spesso raddoppiata a causa dell’inserimento delle didascalie. Considerato che l’Italia, in quegli anni, era un ottimo cliente per Hollywood, per non perderlo la Metro-Goldwyn-Mayer nel 1931 iniziò la pratica del doppiaggio più o meno come lo conosciamo ora. Fu un successo. Soprattutto perché una fetta consistente della popolazione era analfabeta e non potendo leggere le didascalie, perdeva molto nella fruizione.

A distanza di ottant’anni, per noi, andare al cinema a vedere un film straniero, doppiato, è la cosa più normale del mondo. Stiamo parlando di una tecnica utilizzata praticamente in ogni adattamento di produzioni straniere, dai documentari alle serie televisive, con risultati vari: possono esserci ottimi adattamenti o, in alcuni casi, versioni radicalmente diverse dall’originale, con interi dialoghi riscritti di sana pianta per il pubblico italiano (pensate, per esempio, a quanto sia difficile, se non impossibile,  adattare le pellicole dei Monthy Python). Ma al di là di tutto, quando guardiamo un film doppiato, ci troviamo di fronte a un falso, anche quando i testi sono fedeli il più possibile ai dialoghi originali. Su questo c’è poco da discutere. E non se ne può più di sentir dire che i doppiatori italiani sono i migliori del mondo o che la lettura dei sottotitoli distrae lo spettatore dalle immagini sullo schermo. La realtà è un’altra: siamo semplicemente abituati a sentire film stranieri in italiano, e per questo motivo non ci rendiamo neanche conto di quello che perdiamo.

In primis, il poter apprezzare il vero talento di un attore. Per quanto un doppiatore possa essere valido nel proprio lavoro, la sua performance è comunque un elemento aggiuntivo che si pone tra l’attore e il pubblico. Andare a vedere un film come Lincoln in cui Daniel Day Lewis parla con la voce di Pierfrancesco Favino, equivale a non andare a vedere Lincoln, ma l’edizione italiana del film di Spielberg. Favino è un attore strepitoso, uno dei migliori del nostro cinema, ma mai e poi mai riuscirà a restituire le emozioni e le sensazioni percepite e trasmesse da Day Lewis (il cui lavoro sul personaggio in questo film è qualcosa di estremamente profondo e strabiliante) sul set, nei panni del sedicesimo Presidente degli Stati Uniti.
E poi c’è l’aspetto culturale. La pratica del doppiaggio ha in sé qualcosa di terribilmente provinciale. In un’era in cui la contaminazione e la mescolanza rappresentano un’indiscussa fonte di ricchezza, un paese che traduce e doppia il materiale audiovisivo proveniente dai paesi stranieri, per forza di cose viene percepito come ottuso e chiuso in se stesso, oltre che disinteressato a farsi veicolo di culture “altre”. E’ ampiamente dimostrato, inoltre, che i bambini abituati sin da piccoli ad ascoltare suoni diversi da quelli nella loro lingua madre, riescono ad imparare più velocemente altri idiomi, oltre ad essere più predisposti ad accogliere e ad interessarsi alle altre culture. Un altro punto a favore della lingua originale.

Questo post non vuole essere un attacco ai doppiatori, assolutamente. E’ un bene che il doppiaggio esista e tra l’altro è utilissimo per facilitare la fruizione di film d’animazione e per alcuni prodotti televisivi. Il problema che stiamo sollevando, invece, riguarda la difficoltà che abbiamo qui in Italia nel trovare sale cinematografiche che proiettino film in lingua originale. Ed è un problema che riguarda l’intero territorio nazionale. In una città come Roma, i cinema che offrono questo servizio sono due o tre, e nel resto del paese la situazione è anche peggiore, soprattutto nelle province e nei piccoli centri.

Vi portiamo un ulteriore esempio da antologia, che dimostra una volta per tutte quanto un film possa venire letteralmente stravolto, nel momento in cui viene doppiato: Inglourious Basterds, pellicola recente di Quentin Tarantino (uno dei registi i cui film non si prestano affatto ad essere doppiati). Nella versione originale, il cast recita in quattro lingue, mentre nella versione italiana due di queste sono rimaste in sala doppiaggio. Una scena in particolare, in cui il perfido colonnello delle SS Hans Landa (Waltz) si rivolge in italiano al cacciatore di nazisti Aldo Raine (Brad Pitt), ci dimostra fino a che punto si possa modificare un dialogo per adattarlo in un’altra lingua. In questo caso nel film di Tarantino il personaggio di Pitt viene originariamente presentato come un italiano, mentre nella versione italiana diventa un siciliano, con consistenti modifiche al dialogo e i conseguenti cambi di significato che un simile mutamento porta con sé.

Ecco la scena nella versione originale:

V.O.
AR Buongiorno
HL Signori è un piacere. Gli amici della vedetta, ammirata da tutti noi, questa gemma propria della nostra cultura, saranno naturalmente accolti sotto la mia protezione per la durata del loro soggiorno.
AR Grazi
HL Gorlomi? Lo pronuncio correttamente?
AR Sì coretto
HL Per cortesia me lo ripete ancora?
AR Gorlami
HL Scusi come?
AR Gorlami
HL Ancora una volta
AR Gorami
HL E come si chiama lei?
DD Antonio Margariti
HL Ancora
DD Margaritiii
HL Un’altra volta, ma adesso vorrei proprio sentire la musica delle parole!
DD Margariiiitiiii
HL Margheriti. E lei?
OU Dominic Di Cocco
HL Come?
OU Dominic Di Cocco
HL Bravo! Bravo!

HL Arrivederci
DD e OU Arrivederci
DD Arrivederci
AR ‘rirvderci

E nella versione doppiata in italiano:

V.D.
AR Baciamo le mani
HL Signori è un piacere. Quante estati ho passato nella vostra splendida Sicilia dall’Etna alle spiegge di Taormina. Sarete naturalmente accolti sotto la mia protezione per la durata del vostro soggiorno.
AR Mizzega
HL Gorlomi? Ed è un cognome di Palermo?
AR Ah sì minchia indovinò
HL Per cortesia me lo ripete ancora?
AR Gorlami
HL Mi scusi come?
AR Garlomi
HL Ancora una volta
AR Gorlomi
HL E lei da dove viene?
DD Strittu di Missina
HL Ripeta
DD Stretto di Messina
HL Un’ultima volta, ma adesso mi faccia ricordare il profumo della vostra terra!
DD Stretto di Messiiiina
HL Mh alta marea. E lei?
OU Posillipo Basso
HL Da dove?
OU Basso Possillipo
HL Bravo! Bravo!

HL Arrivederci
DD e OU Baciamo le mani
DD Signora
AR Baciamo le mani

Si potrebbero fare altri mille esempi per sostenere la tesi per cui è sempre il caso di vedere un film nel modo in cui è stato concepito. Quello che ci auguriamo è di di avervi fornito uno spunto di riflessione sull’argomento e di avervi fatto prendere coscienza di quanta ricchezza e originalità ci siano state tolte per sostenere un’abitudine tutta italiana.

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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