Anomalisa

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Ha impiegato sette anni, Charlie Kaufman, a superare la tiepida accoglienza che pubblico e critica hanno rivolto al suo primo film da regista, quel Synecdoche, New York girato nel 2008 che in Italia è stato distribuito, con consistente ritardo, all’inizio dell’estate del 2014. Una pellicola autoreferenziale dalle ambizioni tutt’altro che contenute che ha incontrato pochi favori e ancor meno consensi. Sette anni per tornare a dirigere un progetto tutto suo (o quasi), qualcosa di particolare e bizzarro: e non poteva essere altrimenti. Lo sceneggiatore di Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee e di Eternal Sunshine of the Spotless Mind questa volta porta in sala un film di animazione in stop-motion per adulti su temi universali quali solitudine, disagio, illusione, fragilità dei rapporti e omologazione, che permeano la plastilina dei pupazzi e invadono mente e cuore di chi guarda.



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Michael Stone, uomo di successo, marito, padre e autore del libro How May I Help You Help Them?, è stanco della monotonia che vive, imbrigliato com’è in un’esistenza che non sente più come propria. Durante un viaggio d’affari a Cincinnati (Sin-Sin-City, ci scherzerà su il tassista che lo accompagnerà in albergo) pernotta al Fregoli Hotel. Qui trova una via d’uscita dal profondo stato di disperazione in cui è finito, quando conosce Lisa, una ragazza bruttina e impacciata con una bellissima voce. Ma siamo in una storia di Charlie Kaufman e preparatevi a seguire le varie tracce narrative che spunteranno da questa sinossi che suona fin troppo essenziale, soprattutto pe gli standard a cui l’autore newyorkese ci ha abituati.

Vincitore del Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria a Venezia 72, in lizza agli Oscar come Miglior film d’animazione e tratto da una pièce teatrale scritta dallo stesso Kaufman, Anomalisa promette quello che il titolo suggerisce, una storia anomala sia per tecnica realizzativa (finanziato interamente su Kickstarter, è il primo film realizzato in animazione a passo uno che ha ottenuto una R dalla censura americana, vietato ai minori di 17 anni non accompagnati dai genitori) che per tematiche trattate. In una prima parte che ci mette un po’ a carburare, Kaufman e l’animatore Duke Johnson disseminano la storia di indizi (uno tra tutti: il nome dell’hotel in cui si sviluppa la vicenda, il Fregoli, è anche il nome di una patologia che porta il soggetto a credere di essere perseguitato da persone di aspetto diverso ma sotto cui si cela un unico essere umano), indizi che trovano nel cinismo e nella freddezza della messa in scena il giusto spazio per espandersi e ricomporsi come tasselli di qualcos’altro. L’umanità indistinta resa dalle sole tre voci che sentiamo nell’arco dei 90 minuti, quella di Michael (in originale di David Thewlis), quella incantevole di Lisa (di Jennifer Jason Leigh) e infine quella, maschile e atona che esce dalla bocca di ogni altro essere che vediamo in scena, è un ulteriore elemento che causa disagio e straniamento in questo circuito emozionale nel quale Kaufman vuole tirarci dentro, alla ricerca di quell’anomali(s)a del sistema, di quella scintilla nell’oscurità, del dettaglio che umanizza.

Voto 7

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Carolina Tocci

Giornalista freelance e blogger, un giorno le è venuta l'idea di aprire questo sito. Scrive di cinema e gossip e nel buio di una sala cinematografica si sente a casa.

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